La struttura nell’occhio del ciclone
Il caso delle mazzette sospette all’obitorio dell’ospedale di Saronno elargite dalle pompe funebri a dipendenti infedeli, che in cambio di denaro avrebbero commesso irregolarità per «orientare i parenti dei defunti alla scelta dell’impresa cui affidare il servizio funebre», ha fatto saltare sulla sedia quanti seguono gli intrecci fra cronaca e sanità. L’ospedale di piazza Borella è stato difatti più di una volta nell’occhio del ciclone della magistratura: l’episodio più noto è il caso dell’«angelo della morte» Leonardo Cazzaniga, il rianimatore di pronto soccorso al centro di un processo arrivato all’ultimo grado di giudizio, col sigillo della Cassazione: ergastolo per le morti in corsia causate dal mix di farmaci letale, il «protocollo Cazzaniga», appunto, applicato fra il 2011 e il 2014. Memoria recente, e fatto indelebile, che appena si confonde con episodi «minori» nei quali l’azienda socio sanitaria territoriale della Valle Olona, dove rientra la struttura di Saronno risulta come parte lesa. Oltre alle indagini portate a galla ieri, nel pieno dell’emergenza Covid fece scalpore il traffico illecito di laringoscopi che portò all’arresto, nel giugno 2020, della dirigente dell’area logistica della farmacia ospedaliera e di un imprenditore, accusati di vendere le eccedenze di ordini appositamente gonfiati. «Anche in quest’ultimo caso, la segnalazione alla magistratura è partita da noi, tramite la direzione di presidio», spiega Eugenio Porfido, 66 anni, direttore generale di Asst Valle Olona. «Stiamo parlando di un bene così grande, la salute, che ogni devianza impatta in maniera determinante sull’opinione pubblica. Noi offriamo servizi alle persone, fatti da persone. L’importante è che esistano procedure di controllo che permettano di intervenire se vengono ravvisate anomalie».