Corriere della Sera (Brescia)

A 40 giorni dal «paziente 1» la mobilità bresciana ridotta del 67 per cento

Lo studio di Teralytics basato sulle celle telefonich­e

- di Thomas Bendinelli

Dal primo caso di Codogno a oggi sono oramai passati 40 giorni. In mezzo ci sono state ordinanze, decreti, annunci di chiusura delle scuole la sera precedente, tavoli di discussion­e per concordare quali attività lasciare aperte o meno, campagne anti runner, personale medico lasciato senza mascherine e, purtroppo, tanti morti. Da allora le misure restrittiv­e alla mobilità sono state progressiv­amente sempre più rigide ma l’effettivo calo della mobilità delle persone capace di frenare la diffusione del virus è avvenuto da un paio di settimane, forse meno. Questo almeno è quanto suggerisce lo studio fatto da Teralytics, società svizzera che ha studiato i mo26, vimenti di tutta la penisola nell’ultimo mese basandosi sulle celle delle schede telefonich­e. La storia inizia domenica 23 febbraio: sono passati un paio di giorni dal primo caso accertato di Codogno (il virus, in realtà, circola già da settimane ma questo lo si è potuto stabilire solo in seguito), il movimento di persone risulta più basso del 10%, un calo probabilme­nte legato più per il lungo ponte a disposizio­ne (è Carnevale, tante scuole sono chiuse fino al martedì successivo e un po’ di persone sono via). Mercoledì primo giorno di effettiva chiusura delle scuole in Lombardia, il calo registrato è del 9 percento. Passano i giorni, si arriva al 2 marzo, le scuole restano chiuse, tutte le attività o quasi sono aperte, aumenta un po’ la preoccupaz­ione ma il calo rispetto al periodo pre virus si ferma al 19 per cento. Un dato in linea o anche meno con il numero di studenti che non vanno a scuola ma decisament­e lontano dal poter anche solo impensieri­re il virus. Che, lo ricordiamo, non è dotato di pensiero e non è in guerra con nessuno: facciamo tutto noi. Si resta più o meno su quelle percentual­i per tutta la settimana, sale solo un po’ la preoccupaz­ione e la riduzione registrata arriva al 23 per cento. Nel fine settimana arriva il decreto «Io resto a casa» e il calo si spinge fino al 36%. Ancora poco, ma è inevitabil­e che sia così perché tante fabbriche sono ancora aperte. Nel giro di pochi giorni, tra scioperi, malumori e paura crescenti, accordi più restrittiv­i, la riduzione del movimento delle persone è in progressio­ne: meno 57% venerdì 13, meno 59% mercoledì 18, meno 67% di mercoledì 25 marzo. Lo studio si ferma a quella data ma, novità, è proprio di quel giorno che viene ridefinito con un accordo con i sindacati l’elenco delle attività non essenziali.

Agricoltur­a, alimentari, un pezzo di logistica, energia, gas, non possono infatti fermarsi ma, questo sembrano suggerire alcuni dati, forse il blocco a due terzi è comunque sufficient­e a non far crescere la bolla dei contagi e delle vittime. Di certo, a oggi, è che riaperture anche solo parziali potranno esserci solo a partire dalla seconda metà di aprile, forse anche dopo. La scuola è dato per scontato che fino a maggio non riaprirà e in diversi consideran­o oramai concluso l’anno scolastico.

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