A 40 giorni dal «paziente 1» la mobilità bresciana ridotta del 67 per cento
Lo studio di Teralytics basato sulle celle telefoniche
Dal primo caso di Codogno a oggi sono oramai passati 40 giorni. In mezzo ci sono state ordinanze, decreti, annunci di chiusura delle scuole la sera precedente, tavoli di discussione per concordare quali attività lasciare aperte o meno, campagne anti runner, personale medico lasciato senza mascherine e, purtroppo, tanti morti. Da allora le misure restrittive alla mobilità sono state progressivamente sempre più rigide ma l’effettivo calo della mobilità delle persone capace di frenare la diffusione del virus è avvenuto da un paio di settimane, forse meno. Questo almeno è quanto suggerisce lo studio fatto da Teralytics, società svizzera che ha studiato i mo26, vimenti di tutta la penisola nell’ultimo mese basandosi sulle celle delle schede telefoniche. La storia inizia domenica 23 febbraio: sono passati un paio di giorni dal primo caso accertato di Codogno (il virus, in realtà, circola già da settimane ma questo lo si è potuto stabilire solo in seguito), il movimento di persone risulta più basso del 10%, un calo probabilmente legato più per il lungo ponte a disposizione (è Carnevale, tante scuole sono chiuse fino al martedì successivo e un po’ di persone sono via). Mercoledì primo giorno di effettiva chiusura delle scuole in Lombardia, il calo registrato è del 9 percento. Passano i giorni, si arriva al 2 marzo, le scuole restano chiuse, tutte le attività o quasi sono aperte, aumenta un po’ la preoccupazione ma il calo rispetto al periodo pre virus si ferma al 19 per cento. Un dato in linea o anche meno con il numero di studenti che non vanno a scuola ma decisamente lontano dal poter anche solo impensierire il virus. Che, lo ricordiamo, non è dotato di pensiero e non è in guerra con nessuno: facciamo tutto noi. Si resta più o meno su quelle percentuali per tutta la settimana, sale solo un po’ la preoccupazione e la riduzione registrata arriva al 23 per cento. Nel fine settimana arriva il decreto «Io resto a casa» e il calo si spinge fino al 36%. Ancora poco, ma è inevitabile che sia così perché tante fabbriche sono ancora aperte. Nel giro di pochi giorni, tra scioperi, malumori e paura crescenti, accordi più restrittivi, la riduzione del movimento delle persone è in progressione: meno 57% venerdì 13, meno 59% mercoledì 18, meno 67% di mercoledì 25 marzo. Lo studio si ferma a quella data ma, novità, è proprio di quel giorno che viene ridefinito con un accordo con i sindacati l’elenco delle attività non essenziali.
Agricoltura, alimentari, un pezzo di logistica, energia, gas, non possono infatti fermarsi ma, questo sembrano suggerire alcuni dati, forse il blocco a due terzi è comunque sufficiente a non far crescere la bolla dei contagi e delle vittime. Di certo, a oggi, è che riaperture anche solo parziali potranno esserci solo a partire dalla seconda metà di aprile, forse anche dopo. La scuola è dato per scontato che fino a maggio non riaprirà e in diversi considerano oramai concluso l’anno scolastico.