I nuovi mercati degli arabi
Dal Gallia alla maison Valentino: oltre 3,5 miliardi spesi in dieci anni Ora qatarioti e sauditi puntano su sport, cultura, musica e salute
Su Milano hanno puntato oltre 3,5 miliardi in dieci anni, pari al 10% degli investimenti esteri sul capoluogo lombardo. Sono partiti dalla moda comprando per circa 700 milioni Valentino, poi hanno acquistato alberghi, pezzi di pregio come l’Hotel Gallia (100 milioni). Infine, la maggiore scommessa l’hanno fatta sullo sviluppo immobiliare diventando i padroni di casa di Porta Nuova, l’area attorno a Piazza Gae Aulenti.
Ora però il modello scelto dai capitali in provenienza da Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi Uniti sembra cambiare indirizzo strategico. Il radar è orientato su marchi made in Italy di rilevanza mondiale nella cultura (musica e arte), nella scienza e nella tecnologia. Obiettivo: importare competenze nei loro mercati.
Ci ha provato la famiglia reale saudita che ha puntato dritto al Teatro alla Scala, con l’intento di portare la musica europea a Riad e individuare il partner ideale per la loro nuova Accademia di danza. Questa volta non si tratta di muovere grandi flussi di capitali — solo su Porta Nuova l’investimento della Qatar Investment Authority (Qia) è stato di circa 2 miliardi — bensì di creare alleanze utili a portare conoscenza nel Golfo. Già, perché il Re dell’Arabia Saudita Salman bin Abdulaziz ha lanciato proprio ieri quattro progetti di «benessere» urbano nella capitale del regno, Riad, per migliorare la vita dei suoi cittadini, puntando su salute, sport, cultura e arte. Mettendo in campo investimenti governativi per 23 miliardi.
Anche se con modalità differenti, il cambio di passo nella strategia si può ritrovare nell’alleanza tra quell’area del mondo e il Gruppo San Donato della famiglia Rotelli che sta esportando tra Emirati e Arabia know how sanitario, corsi di formazione, strutture sanitarie e medici. Con l’obiettivo anche di recuperare nei centri di eccellenza italiani del gruppo guidato da
Paolo Rotelli i pazienti del Golfo Persico. La parola chiave in questa alleanza è collaborazione.
Insomma, questa potrebbe essere la volta di nuove geometrie negli affari tra Milano e gli Emirati. Un business che fin qui, comunque, ha fatto ricchi i fondi sovrani di Paesi come Qatar e Abu Dhabi. «Milano sa garantire rendimenti importanti, che superano il 3,75% lordo nella zona Duomo e sfiorano il 5% in Porta Nuova, al pari di altre capitali europee. Anche alla luce di una Brexit sempre più confusa un numero crescente di investitori istituzionali internazionali guarderà con interesse a questa piazza», dice Simone Roberti, capo della ricerca di Colliers international.
Fin qui il Qatar è stato l’investitore più attivo sul mattone. E non solo su Porta Nuova che include il palazzo dell’Unicredit e la Torre Diamante affittata a Bnp Paribas. Il Qia ha comprato anche un edificio in piazza San Fedele e la sede del Credit Suisse (per 115 milioni). Chi ha aperto le porte di Milano a Doha è stato l’imprenditore dell’immobiliare Manfredi Catella che dieci anni fa, a fianco dell’americana Hines, aveva identificato le opportunità. Ora Catella gestisce la società di investimenti Coima sgr tra i cui sottoscrittori ci sono, tra gli altri, proprio i fondi sovrani di Qatar e Abu Dhabi. Assieme, sei mesi fa, hanno comprato per circa 70 milioni l’area Valtellina, porzione strategica dello Scalo Farini adiacente a Porta Nuova, una zona che rientra nel piano di riqualificazione urbana degli scali ferroviari attivato dal Comune di Milano e dalle Ferrovie. La stessa Abu Dhabi investment authority (Adia) ha acquistato l’ex sede Inps di via Melchiorre Gioia per 400 milioni, con un programma di riqualificazione di altri 200 milioni. Insomma, lo sviluppo immobiliare ha fatto la parte del leone di quei 3,5 miliardi di investimenti su Milano elaborata da Scenari immobiliari.
Forse non tutto è andato secondo i piani. Dal progetto di centro commerciale che sorgerà nella parte Nord di Cascina Merlata si è sfilato in autunno il gruppo saudita Fawaz Abdulaziz Al Hokair, che aveva firmato un contratto preliminare per lo sviluppo del centro da 65 mila metri quadrati entro la fine del 2019. La famiglia araba non disponeva della liquidità necessaria. Al suo posto si sono però fatti avanti altri investitori disponibili a concludere il progetto.
Fonti vicine a Fawaz confermano invece, ancora in via informale, di voler mantenere gli impegni per costruire il centro commerciale nell’area Concordia delle ex acciaierie Falck a Sesto San Giovanni, a fianco della MilanoSesto, proprietaria dei terreni su cui è destinata a sorgere la Città della Salute con l’unione dell’Istituto dei tumori e il neurologico Besta.
Valentino è invece della Mayhoola, società del Qatar che fa capo allo sceicco Hamad bin Kahlifa al Thani.
«Tutto deve avere un limite». Beppe Sala sceglie l’arma della querela per porre un freno alla guerriglia politica scatenata dall’«ingenuità» (copyright del sindaco) commessa dal sovrintendente Alexander Pereira sui fondi dell’Arabia Saudita al Teatro alla Scala.
Il giorno dopo la decisione del cda scaligero di rispedire al mittente i tre milioni di euro di acconto, le polemiche sulla pasticciata gestione del dossier saudita non accennano a placarsi. E il post su Facebook del leghista Alessandro Morelli va di traverso al sindaco. «Vittoria. Sala annuncia la restituzione dei soldi sauditi — scrive il parlamentare nonché capogruppo del Carroccio in consiglio comunale —. Chiedeva silenzio perché aveva le mani nella marmellata!». Per il sindaco è troppo: quel riferimento alle «mani sporche» ha superato ogni soglia di tolleranza. «Da oggi l’onorevole Morelli risponderà di queste falsità nelle sede competenti — è la risposta —. I social network sempre di più sono utilizzati da molti politici, come Morelli, per manipolare l’opinione pubblica e attaccare maldestramente raccontando bugie. Per questo ho dato mandato ai miei legali di procedere con la querela».
L’incidente non frena Morelli, che giudica la reazione del sindaco un sintomo della «tensione che si vive a Palazzo Marino, tra incidenti nel metrò, l’Area B, l’aumento del biglietto Atm, il caso Venezuela». «Dall’inizio del 2019 — prosegue — Sala ha infilato una serie di strafalcioni, per cui qualunque campagna elettorale nelle piazze è diventata impossibile da sostenere,
I nodi urbanistici
Gli stranieri sono usciti da Cascina Merlata Confermato l’impegno sull’area ex Falck