PER UN PUGNO DI PREFERENZE
Chi troppo e chi niente. Chi ha una sovrabbondanza di candidati e chi deve accontentarsi di un unico aspirante sindaco. C’è una evidente sproporzione fra la campagna elettorale cittadina (otto candidati sindaco e diciotto liste per un totale di 534 aspiranti consiglieri) e quella di tre paesi non minuscoli né marginali come Agnosine, Barghe e Berlingo che registrano un solo candidato sindaco e una sola lista. Due situazioni che paiono collocate a distanze siderali ma che dicono, entrambe, un pezzo di verità sul nostro rapporto con la politica. Cominciamo dalla città. Qui l’attenzione mediatica è concentrata sui candidati sindaco, in particolare sui tre «maggiori». Ma basta vivere e muoversi in città per incappare in «santini», basta aprire la mail o frequentare i social per vedersi recapitare appelli di singoli candidati. Tutto frutto della caccia alle preferenze: sport spericolato, sfida fratricida, esercizio da brivido che conoscerà la parola finale nel segreto dell’urna. Merce rara, le preferenze? Tutt’altro. Cinque anni fa, quando al primo turno si recarono alle urne 92.950 elettori (il 65% ) le preferenze disseminate furono 46.608. Allora come oggi, però, non esisteva la preferenza unica, ma la possibilità di esprimerne due, purché a candidati di genere diverso. In pratica: se tutti gli elettori avessero espresso una sola preferenza, un elettore su due si sarebbe avvalso di questa facoltà. Se invece tutti avessero espresso entrambe le scelte, sarebbe stato un elettore su quattro a scrivere l’accoppiata di nomi sulla scheda. La verità sta nel mezzo: mediamente in città un elettore su tre esprime preferenze. Ma la propensione varia enormemente da lista a lista. Cinque anni fa le preferenze espresse, rispetto al numero assoluto dei voti di lista, furono il 110% nella lista per Fenaroli, l’83% nell’Udc, l’81% nella Civica Del Bono, il 66% nel Pdl, il 61% nel Pd, il 60% nella Lega, il 42% nella Civica Castelletti, il 33% nella Civica per Paroli, il 18% nel M5S. I principali acchiappapreferenze? Il leghista Rolfi (1462) poi Margaroli del Pdl (891) e Muchetti nel Pd (809) mentre la più preferenziata dei pentastellati si fermò a 153. Comunque una sfida avvincente che mobilita passioni e relazioni. Dai tre paesi mono-lista, invece, giunge un messaggio allarmante: è la consapevolezza che occuparsi della cosa pubblica è sempre più faticoso, impegnativo, avaro di soddisfazioni. Per questo chi ancora accetta di farlo con onestà d’intenti e trasparenza di motivazioni merita rispetto, forse persino ammirazione. Altro che casta.