Amianto, la strage non è finita 30 casi di mesotelioma all’anno
Controlli dell’Ats sulle imprese di bonifica: irregolarità nel 20% dei casi
Nel Basso Sebino, dove ancora oggi esiste un forte distretto delle guarnizioni, si trova un cluster di mesoteliomi che ha forte radicazione nel sesso femminile: negli anni ‘60-70 spesso erano le donne che rifinivano a casa le guarnizioni, estraendole dagli stampi.
Oggi questi preziosi elementi sono fatti di gomma o plastica, ma nel dopoguerra si usava spesso l’amianto. Ignari della loro pericolosità. È uno dei tanti motivi per cui dal territorio di Brescia e provincia continuano ad emergere circa 30 nuovi casi di mesotelioma l’anno: si tratta di un tumore maligno per il quale non esistono cure, per la maggior parte dei casi (62% nel bresciano) correlato all’esposizione professionale (791 casi dal ‘94 in poi).
«Tra l’esposizione alle fibre di amianto e la comparsa della malattia c’è una latenza di alcuni decenni. In certi casi anche di quarant’anni» ricorda il direttore dell’Ats di Brescia, Carmelo Scarcella.
Significa che oggi emergono casi degli anni ‘70-80, quando i manufatti in cemento-amianto erano di uso molto comune. Nel ‘92 una legge bloccò la commercializzazione dei prodotti, rimasti ad invecchiare sui tetti di casa o nelle coperture delle tubazioni. Oggi, infatti, la sfida sanitaria è un’altra: proteggere gli operai chiamati a rimuovere l’amianto. Si tratta di qualche centinaia di lavoratori, divisi in circa cento aziende bresciane.
«Esistono procedure rigorose per la bonifica. E visto il rischio di esposizione, la normativa non può che essere stringente, con multe fino a 7 mila euro per ogni violazione» osserva Siria Garattini. La dirigente, a capo del servizio Prevenzione e sicurezza sui luoghi di lavoro (Psal), ricorda che ad oggi si riscontrano irregolarità «in più del 20% dei casi». Il numero di ispezioni è comunque in crescita: erano 181 l’anno scorso, sono già 249 nei primi dieci mesi di quest’anno. In linea con la crescita di circa 3 mila cantieri l’anno (piccoli o grandi) che si sono aperti di recente per la rimozione dell’amianto. Dal 2014, poi, Regione Lombardia si è dotata di un sistema di notifica on line, da fare 30 giorni prima dei lavori: le imprese dovranno poi rispettare quanto dichiarato. Anche in termini di sicurezza. Bisogna prevenire il rischio di caduta dall’alto, oltre a installare adeguate protezioni igieniche: c’è un triplo percorso spogliatoio sporcopulito e doccia per evitare contaminazioni. Ma anche facciali filtranti, tute usa e getta, guanti. «Controlliamo il 100% dei cantieri dove c’è amianto friabile, il più pericoloso» ricorda il direttore sanitario, Fabrizio Speziani. Tubi e vecchie caldaie nascondono ancora fibre killer.