SCUOLA, LA LOTTA AGLI ABBANDONI
Negli anni Sessanta del secolo scorso, i tempi dell’esplosione della scolarizzazione di massa, della scuola media unica, del boom economico, chi avesse prefigurato che solo pochi decenni dopo il problema della scuola italiana sarebbe stato l’abbandono elevato a causa della povertà, sarebbe stato preso per visionario. Eppure questo ci dicono i dati della ricerca di «Save the children», che svelano un Paese con minori in povertà assoluta quintuplicati nell’ultimo decennio, che lasciano precocemente gli studi, espulsi da un sistema che si scopre ancora classista perché emargina soprattutto i più disagiati. Compresa la ricca Lombardia, che si crede europea e poi si scopre perdere quasi il 16% di giovani che scompaiono dai radar della scuola a causa dell’indigenza (in Europa 18 nazioni hanno dati migliori); a Brescia, quinta provincia in Italia per presenza di alunni senza cittadinanza italiana, la povertà non è più solo l’incubo degli immigrati, se in pochi anni gli italiani che si rivolgono alla Caritas diocesana sono passati dal 5 al 30%. E le voci dell’istruzione, della lettura, della frequentazione di biblioteche e musei sono le prime ad essere tagliate nei bilanci familiari. Un bambino privato di queste possibilità è defraudato del futuro: partendo da situazioni di svantaggio, non accede alla sola possibilità di riscatto che è l’istruzione, che anzi gli si chiude di fronte: «un ospedale che cura i sani e respinge i malati», definivano la scuola i ragazzi di don Milani cinquant’anni fa in «Lettera ad una professoressa». E tale continua ad essere, pur dopo un trentennio di leggi eccellenti sull’inclusione. Non tanto, come vorrebbe una semplificazione diffusa, perché la scuola di massa avrebbe rinunciato alla selezione (in realtà la scuola italiana continua a bocciare) livellando l’offerta verso il basso. Al contrario: si sono aperte le porte di una scuola che era concettualmente elitaria, senza rinnovarla davvero, proponendo così una formazione astratta, incapace di valorizzare i talenti individuali ed incontrare le singole persone, con bisogni ed esperienze non omologabili. Eterogenesi dei fini: la scuola di tutti è risultata più escludente del vetusto modello crociano. Il nodo è il sistema di formazione dei docenti (sullo specifico dell’inclusione la nostra provincia segna un positivo 7,4% di istituti che usufruiscono di interventi formativi, rispetto al 2,2% della media nazionale): fornire strumenti adeguati per innovare le metodologie didattiche è la condizione per attivare un circolo virtuoso tra insegnanti e studenti, che incrementi reciprocamente la motivazione al sapere. La dispersione scolastica è una patologia per il livello di democrazia di un Paese.