LA RIPRESA CHE NON SI DICE
Gli imprenditori hanno imparato a essere prudenti e scaramantici. Hanno ragione. Dall’inizio della Grande crisi del 2008 l’Italia ha perso un quarto della produzione industriale, ha accumulato sofferenze e incagli bancari superiori alla capitalizzazione degli istituti di credito e aumentato di 500 miliardi il debito pubblico. Fatto salvo tutto ciò, a costo di rompere un tabù, va pur detto che i dati economici elaborati dall’Ufficio studi di Aib e presentati dal presidente Giuseppe Pasini emanano un profumo quasi irresistibile che sa di ripresa. La Grande crisi ha effettuato una feroce selezione delle aziende: -20,8% delle imprese manifatturiere a Brescia (contro il -23% nazionale e il -31,5% lombardo). Intanto però l’export — vero terreno di sviluppo a fronte di un mercato interno stagnante — è arrivato oggi a Brescia a un +11% rispetto al periodo pre-crisi. È vero che Lombardia (+16%) e Italia (+22) hanno fatto meglio, ma è altrettanto vero che Brescia nel secondo trimestre 2017 (+6,3%) ha superato i ritmi di crescita dell’export di Bergamo (+5,9%) e avvicinato quelli della dinamicissima Vicenza (+6,9%). Le sofferenze bancarie delle imprese bresciane nel primo trimestre 2017 aumentano ancora (1%) ma assai meno rispetto a Lombardia (+2,4%) e Italia (+1,8%). Certo, nel decennio i crediti in sofferenza in provincia sono passati dai 0,9 miliardi del 2009 ai 4,6 miliardi attuali. Quanto allo scenario occupazionale, nel secondo trimestre 2017 le assunzioni nel settore industriale a Brescia (+11%) doppiano la crescita regionale (+5,7%). Il calo delle ore di Cig e della disoccupazione nonché la sostanziale pace sociale completano un cielo contrastato ma tendente al bello. Insomma: la palestra della crisi ha innestato sulla solida ossatura economica bresciana una muscolatura da lottatore capace di misurarsi con la competizione globale. Superammortamenti e costo del denaro al minimo hanno avuto i loro effetti. Il keynesiano Pasini ha chiesto con vigore un piano di investimenti pubblici per rilanciare il mercato interno. Ha ragione in termini generali ma non può ignorare che Brescia è stata beneficiata negli ultimi anni dalla trimurti Brebemi-TavMetropolitana. Difficile attendersi molto di più. La vera gamba mancante della ripresa è quella edilizia. È il calcestruzzo privato più di quello pubblico. Basta guardare l’orizzonte bresciano per accorgersene: le gru sono una rarità. Quello che servirebbe è un interventochoc, un piano per l’edilizia 4.0. Ma anche di quello, all’orizzonte, per ora non c’è traccia. E gli industriali farebbero bene a reclamarlo.