Scontro sui binari Due indagati
Tra il 22 e il 23 ottobre scorso a Rodengo morì un dipendente di Ferrovienord
Il pm ha disposto un accertamento tecnico per fare piena luce sullo schianto che costò la vita a un dipendente di Ferrovienord sulla tratta BresciaIseo-Edolo. Indagati in due, è un atto di garanzia.
Sono passati nove mesi, ma ancora bisogna vederci chiaro fino in fondo. Al punto da chiamare in causa gli esperti. Nove mesi, da quando il silenzio velato di una notte (come tante) al lavoro sui binari fu squarciato da quel boato fatale che seguì le urla disperate di chi tentò invano di evitarlo. Era la notte tra il 22 e il 23 ottobre: se anche solo per sbaglio avessero diretto lo sguardo in direzione di marcia, non sarebbe servita nè bastata una frazione di secondo per salvarli. Il carro pianale carico di rotaie e traversine li travolse a sessanta chilometri orari, a Rodengo Saiano, lungo la linea Brescia-Iseo-Edolo. Anche la motrice si stava muovendo. Una morsa senza via di scampo.
A bordo c’erano due dipendenti di Ferrovienord al lavoro per la manutenzione ordinaria: il caposquadra Nicola Franchini, morto a soli 34 anni per lo schianto, e il collega Francesco Fusari, 23, entrambi di casa a Iseo (operato al Civile per la ricostruzione di tibia e perone). Con loro anche Sperandio Barcellini, 58 anni di Rogno (Bergamo) in servizio in azienda sin dal 1989. È stato lui, sceso a terra, a cercare di salvare i colleghi dopo essersi accorto dell’incedere del carrello: «Ragazzi spostatevi da lì, mi sentite? Scendete dalla motrice...». Inutile. Sotto choc per settimane, «mi è stato ordinato di sganciare il carrello, dopo due minuti ho sentito il botto», raccontò al sostituto procuratore Carlo Pappalardo. In sintesi i tre operai avrebbero raggiunto al punto stabilito dopo aver caricato il carrello in deposito a Iseo. Per poi lasciarlo a Rodengo. Operazioni di routine. Ma sarebbero «arrivati lunghi», azionando il passaggio a livello. Per «resettarlo» la procedure più veloce è quella di raggiungerlo materialmente formalizzando il transito. E così, stando alle indagini, hanno fatto i ragazzi quella notte. «Sgancia il carrello» sarebbe stato detto appena prima a Barcellini. Che però pare non avesse ancora posizionato le staffe ferma ruote (in dotazione su ogni mezzo ce ne sono due: una per le ruote anteriori, una per le posteriori).
Proprio per fare piena luce sulla dinamica dello schianto e non lasciare alcun dubbio in sospeso la procura ha disposto un accertamento tecnico irripetibile (che in un primo tempo fu delegato a un ufficiale di polizia giudiziarie, senza però andare a buon fine). E, in quanto tale, atto dovuto è stato iscrivere nel registro degli indagati — si procede per omicidio colposo e lesioni colpose — il datore di lavoro degli operai — quindi il vertice di Ferrovienord — e il delegato aziendale alla sicurezza. Un passaggio a garanzia degli indagati che quindi potranno a loro volta nominare un consulente che parteciperà ai sopralluoghi e alle analisi del caso senza tralasciare alcuna fase investigativa. L’incarico sarà conferito dal pm prima della pausa estiva, poi bisognerà valutare quanto tempo servirà agli esperti per preparare la loro relazione. Conclusioni comprese naturalmente.
Sempre secondo la ricostruzione che prese forma nei giorni successivi alla tragedia, emerse come la procedura «standard» preveda che solo una volta sistemati i cunei il carro pianale possa essere «scollegato» dalla motrice. Motrice che, quella maledetta notte, con Franchini e Fusari a bordo raggiunse il passaggio a livello. A quel punto, giusto il tempo e le manovre per invertire il senso di marcia e inserire la retro (una volta «resettato») per tornare indietro. Distanza percorsa: meno di cinquanta metri. Un chilometro e mezzo, invece, dall’allontanamento della motrice all’impatto.
Non ha solo gridato, Sperandio, quella notte ha cercato addirittura di rincorrere il carrello cercando disperatamente di fermarlo prima che travolgesse i suoi colleghi. Impossibile farcela.
Toccherà ai tecnici, adesso, ricostruire l’esatta dinamica dell’incidente. Quindi, ogni eventuale responsabilità. Anche Ferrovienord, subito dopo l’incidente, aveva avviato un’indagine interna demandata a una commissione speciale: «Vogliamo mettere in atto misure che tutelino al massimo la sicurezza dei nostri lavoratori» avevano fatto sapere.
Sono passati nove mesi. Ed è il momento di non lasciare nulla di intentato.
Omicidio e lesioni Nel registro degli indagati iscritti il datore di lavoro e il delegato alla sicurezza di Ferrovienord