L’angelo dell’Umanitaria
Ines Crippa ha dedicato la sua vita agli altri ma di lei si sa ancora poco
Di lei si sa poco o niente, ma ha scritto una pagina importante per Milano durante la Grande Guerra: si chiama Ines Crippa, è nata nel 1882 in città e qui morirà nel 1968. «Un cold case appassionante», racconta Claudio Colombo, responsabile dell’Archivio Storico alla Società Umanitaria. «Tutto è nato dal ritrovamento casuale di un dattiloscritto del 1918 firmato G. Corneglio Necchi, forse un giornalista di idee socialiste vicino al nostro ente». Nel testo, inedito, Necchi parte descrivendo la tragedia dei migranti che arrivano in Stazione Centrale dopo Caporetto: vecchi, donne, bambini, malati, feriti. Una fiumana inarrestabile di miserabili. In prima fila nell’organizzare l’accoc’è proprio la Società Umanitaria. E a capo dei soccorsi, dice lo scrittore, c’è Ines Crippa: finora una sconosciuta. In un altro pezzo, scovato da Colombo sulla rivista «Rinascenze» del 1919, lo stesso Necchi afferma che Ines ha preso il posto di Alessandrina Ravizza, nota filantropa e benefattrice milanese: era detta «la signora dei derelitti» o anche «la contessa del broeud» per aver aperto la prima mensa meneghina dei poveri.
In entrambi gli scritti Ines sembra far parte del milieu assistenziale e socialmente impegnato dell’Unione Femminile e della Ravizza. Se ne descrivono l’abnegazione assoluta, l’energia inesauribile, la naturale empatia nel risollevare gli animi prostrati dei profughi: la chiamano l’angelo dell’Umanitaria. In due lettere autografe datate 1923 e 1926, Ines, rivolgendosi al Presidente dell’istituto, riassume così la propria carriera. Entrata nel 1915 come segretaria alla Casa di Lavoro, ne diventa dirigente nell’emergenza bellica e durante l’epidemia di spagnola. Si occupa anche della Casa Emigranti, e per quattro anni si dedica giorno e notte alle vittime e ai profughi del conflitto: si calcola che l’Umanitaria, e Ines con lei, abbiano accolto e assistito a quell’epoca circa 60/70mila individui dietro cui spesso c’erano intere famiglie.
«Dai testi emergono anche la cura e la dedizione speciali che Ines rivolge ai minori. Intuisce e afferma lei stessa che il primo passo è togliere dalla strada e dall’abbandono centinaia di bambini». Fonda così nel 1916 la Casa di Lavoro per i fanciulli, dove si educa alla morale e si insegnano i mestieri: una sperimentazione che ottiene buoni risultati ma dura poco per mancanza di fondi. Nei primi anni Venti la Società Umanitaria finisce nel mirino dei fascisti e commissariata nel 1924: impiegati epurati, attività sociali chiuse. «Ines ha vissuto in città fino a 86 anni», conclude Colombo. «Mi auguro che qualcuno che l’ha conosciuta ci aiuti a ricostruire la sua figura esemplare».