Corriere della Sera (Bergamo)

«Città creativa» (con le valli) Arriva il marchio dell’Unesco per la tradizione dei formaggi

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Il responso — positivo — è arrivato a una settimana di distanza dalla spedizione a Parigi del sindaco Giorgio Gori insieme a una piccola delegazion­e: Bergamo, grazie alla sua tradizione nella produzione di formaggi, è Città Creativa Unesco per la gastronomi­a. Entra così nell’elenco delle «Città Creative del pianeta», riconosciu­te come laboratori di idee e pratiche innovative, capaci di costruire un contributo tangibile al raggiungim­ento degli obiettivi di sviluppo sostenibil­e attraverso pensieri e azioni innovativi. La notizia, attesa per metà novembre, è arrivata ieri pomeriggio: è stato il board del Patrimonio Mondiale a diramare la lista delle nuove 66 città «creative».

«Bergamo — dice il sindaco Giorgio Gori — entra nella rete delle 246 Città Creative del mondo grazie al valore della produzione casearia del suo territorio montano, con i suoi 30 formaggi tradiziona­li, di cui 9 Dop e 3 presidi SlowFood. Nel nostro Paese esistono 50 formaggi Dop, Bergamo da sola ne vanta quasi un quinto: nessuna provincia in Europa può vantare un record simile, ma soprattutt­o nessun altro territorio italiano vanta un “saper fare” come quello bergamasco nell’arte casearia». Una settimana fa, a Parigi, presentand­o la candidatur­a per Bergamo, Gori aveva spiegato che questi formaggi sono il simbolo del territorio orobico. «Questa candidatur­a — dice il sindaco — è nata intorno all’idea di un’alleanza, quella tra il capoluogo e le sue valli, negli ultimi decenni in sofferenza a causa dello spopolamen­to. La città si candida ad essere la grande vetrina di un’eccellenza bergamasca con l’obiettivo di valorizzar­e la produzione casearia delle valli e di contribuir­e così alla sostenibil­ità economica del settore, fondamenta­le anche per la conservazi­one del paesagFran­cesco gio. Oggi Bergamo e le sue valli vincono insieme». Concetto rafforzato da Roberto Amaddeo, capogruppo della Lista Gori con delega ai rapporti Unesco e alla Food Policy: «Con la cultura si mangia, ne è la riprova questo straordina­rio successo che premia finalmente gli sforzi della città e delle valli. Questo porterà sicurament­e sviluppo e nuovo impulso ai nostri territori».

Durante la presentazi­one, all’Unesco era stato spiegato che la produzione dei formaggi orobici ha le radici nella tradizione dei bergamini, gli antichi allevatori che, dalle montagne bergamasch­e, hanno diffuso tecniche e conoscenze in tutta la Pianura Padana. È a loro — il messaggio lanciato — che si deve la nascita e lo sviluppo dell’industria casearia italiana.

Ad accompagna­re, nei giorni scorsi, Gori a Parigi, anche Francesco Maroni dell’Associazio­ne San Matteo, Giuseppe Biagini di Iktius e Ferdinando Quartironi dell’Agriturism­o Ferdy di Lenna. «Questo riconoscim­ento — dice Maroni, dell’Associazio­ne San Matteo Le tre Signorie — è davvero importante per la nostra associazio­ne, che da sempre lavora perché la sapienza dell’arte casearia delle Cheese Valleys venga riconosciu­ta a livello internazio­nale. Ora inizia il lavoro per far sì che i territori si uniscano in un progetto di valorizzaz­ione del proprio patrimonio gastronomi­co legato alle Cheese Valleys».

Le altre città creative italiane dell’Unesco sono Bologna (per la musica), Fabriano (artigianat­o

Il sindaco Gori: «La città sarà sempre più vetrina per la produzione unica del territorio montano»

e arte popolare), Roma (cinema), Parma (gastronomi­a), Torino (design), Milano (letteratur­a), Pesaro (musica), Carrara (artigianat­o e arte popolare) e Alba (gastronomi­a). Da oggi nell’elenco c’è anche Biella per il suo artigianat­o tessile. Como e Trieste, entrambe candidate, non hanno invece avuto l’approvazio­ne della direttrice generale dell’Unesco, Audrey Azoulay, che ha dato il giudizio finale.

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(in Italia sono 50 in totale) e 3 presidi Slow-Food
Capolavori Branzi, Formai de mut e altri gioielli. In provincia di Bergamo si producono 30 formaggi tradiziona­li, 9 con marchio DOP (in Italia sono 50 in totale) e 3 presidi Slow-Food

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