Il notaio Leidi, fotoreporter per passione
E domani l’incontro al convento di San Francesco con il giornalista Conti
Finita la catalogazione del fondo di Carlo Leidi A disposizione del pubblico oltre 3.400 volumi
Reportage di viaggio, arte, storia, fotografia. Tutto questo negli oltre 3.400 volumi del fondo libraio di Carlo Leidi, su cui il «notaio per dovere e fotografo per passione», come amava definirsi, ha lasciato postille e disegni, anche ironici. Donata dalla famiglia nel 2017, «la sua biblioteca personale è oggi disponibile al pubblico dopo un accurato lavoro di catalogazione», afferma la direttrice del Museo delle storie di Bergamo Roberta Frigeni. Un modo per vedere il fotografo sotto un punto di vista inedito, che sarà presentato domani alle 18 al convento di San Francesco.
Carlo Leidi, scomparso nel 1998, è noto per i reportage in Mali, Polonia, Cina, realizzati con l’occhio del cronista che osserva la realtà senza filtri. Tra i più importanti lavori, «Autunno di Praga», che Leidi realizzò nel 1968 insieme al collega e amico Alfonso Modonesi, anch’egli bergamasco, allora già fotografo professionista per L’Europeo.
«Eravamo andati a Praga — ricorda Modonesi — il 24 ottobre per documentare il 50esimo anniversario di fondazione della Repubblica cecoslovacca». Intervistarono i funzionari della Ckd, la più grande fabbrica di locomotori del Paese, «che erano dalla parte di Dubcek e degli altri capi della Primavera di Praga, ma avevano un certo timore a parlare con noi». Parteciparono alla festa per l’oro olimpico della ginnasta cecoslovacca Vera Caslavska. Fotografarono la tensione per le strade, sui volti delle persone comuni. E poi, «ogni giorno la nostra camera d’albergo veniva perquisita. Così affidavamo i nostri rullini ai piloti di Alitalia che dormivano in hotel».
La storia della rivoluzione cecoslovacca sarà il filo rosso che domani, nell’evento dedicato al fotografo, guiderà l’intervento di Paolo Conti, giornalista del Corriere della Sera e autore del volume «1969: tutto in un anno», dedicato alla figura di Jan Palach, lo studente che si diede fuoco in piazza San Venceslao. «Diventerà un eroe della futura idea di Europa — commenta Conti —, con anticipo sorprendente sui tempi. In una delle poche interviste che rilasciò in ospedale, disse “Noi non dobbiamo pensare troppo a noi stessi”. Si riferiva al proprio sacrificio personale, ma è una frase che va oltre».
Tornando a Carlo Leidi, l’aspetto politico fu una parte importante della sua attività. «Vedeva Bergamo con occhio critico — riprende Alfonso Modonesi —. Fotografava le occupazioni studentesche, le manifestazioni del Primo Maggio, puntava l’occhio sui problemi, amando immensamente questa città». Fa una pausa. «Se ripenso a Carlo, mi torna in mente una persona di rara intelligenza e qualità umana. L’ho conosciuto nel ‘60 in un circolo fotografico, e siamo diventati amici subito».
«Mio padre – dice la figlia Giovanna Leidi, anche lei presente domani – partecipò alla vita politica di Bergamo, consigliere comunale per due mandati. Fu attivo su diversi fronti, e la fotografia fu il denominatore comune». Le migliaia di foto scattate da Carlo Leidi sono in comodato d’uso all’archivio Craf di Spilimbergo e sono consultabili.
Tra gli ospiti della serata, anche il presidente Amici del museo storico Carlo Salvioni e Claudio Gamba, della direzione generale Autonomia e Cultura della Regione Lombardia, e i catalogatori Ivan Calia e Alessandra Veronese, che hanno lavorato al fondo librario.