Taleggio, sosta quasi fatale per bere
Pochi giorni fa ennesimo smottamento agli Orridi, automobilista mancato di poco I sindaci: serve più manutenzione, altrimenti si rischiano le tragedie, finora sfiorate
«Incrociamo le dita». Si traduce così, e cioè negli scongiuri, l’umore dei sindaci che convivono con un territorio ostile, dove il «rischio idrogeologico» è precipitato spesso nella realtà sotto forma di macigni o inondazioni. Con la consapevolezza che le risorse sono poche e l’impressione d’essere stati abbandonati.
Una decina negli ultimi quattro anni, almeno tre nel 2018: è la statistica dei blocchi della circolazione sulla provinciale a Riva di Solto. Quando i macigni rovinano sulla carreggiata, ne risente la viabilità dell’intero Sebino. «Due anni fa la strada è rimasta chiusa un mese — racconta il sindaco Nadia Carrara —. Chi la usa per andare al lavoro è costretto a fare il giro del lago o passare dalla Val Cavallina». Così decuplica il chilometraggio. «Ma nessuno l’ha mai presa come scusa per stare a casa», scherza Carrara, che aggiorna i concittadini via WhatsApp. C’era «un progetto astronomico» per proteggere quel tratto, gallerie artificiali che sono state accantonate. Ma la manutenzione ordinaria resta ancora come urgenza. «Gli interventi-tampone non bastano», denuncia Carrara. «Con questi temporali, bisogna farsi il segno della croce — condivide Vittorio Milesi, sindaco di San Pellegrino —. Fino a vent’anni fa ci voleva una settimana di pioggia per la piena del Brembo, oggi bastano 5 ore». L’ultima volta una marea d’acqua e fango ha allagato un campo da tennis coperto, ma nel 2015 un masso da 9 tonnellate è piombato sul piazzale della Sanpellegrino. Quel versante, in via Pregalleno, è in cima alla lista di opere da 4 milioni di euro che il municipio reclama. Sono state spedite diverse richieste di interventi ma non sono arrivate risposte. «Sull’altra sponda del fiume, reti e un sostegno sono danneggiati, ma la Provincia non li ha ancora sostituiti — racconta Milesi —. Poi succede quel che è successo a Genova e ci si meraviglia».
Sulla strada degli Orridi in Val Taleggio, dopo le frane degli anni scorsi, sono piovuti sassi pure la settimana scorsa. Hanno bersagliato la piccola fonte che zampilla da una roccia, dove spesso chi passa fa una sosta per bere. «S’era fermata un’auto — spiega Alberto Mazzoleni, sindaco di Taleggio —, ma per fortuna non era ancora sceso nessuno, altrimenti avremmo avuto dei morti». La priorità per il Comune, però, è il ponte Bailey, dove, visto che il Patto per la Lombardia è slittato di un biennio e il cantiere non si chiuderà prima del 2026, i camion non possono passare e continuano a percorrere la strada provinciale da Peghera verso Val Brembilla. «È quasi impraticabile, gli autisti rischiano la vita — si lamenta Mazzoleni —. Se le imprese di stagionatura chiudono, però, perdiamo posti di lavoro».
Gandellino conta di risolvere le esondazioni dalla valletta del Pesel grazie a una deviazione. Alla frazione di Tezze, dove erano comparse crepe negli edifici, l’Arpa monitora
Ricambio A Fuipiano i sensori messi dopo la frana del 1976 sono datati: l’Arpa li sostituirà
e presto potrebbero attenuarsi alcuni vincoli. «Oggi non possiamo fare nemmeno un pollaio — sospira il sindaco Flora Fiorina —. La montagna soffre, ma è stata abbandonata: è un’utopia pensare che paesi di 1.500 abitanti possano reperire risorse all’interno». Lo conferma Valentina Zuccala, Fuipiano: «Nel ‘76 una frana si è portata via una frazione, ma abbiamo un tecnico solo 8 ore la settimana». Ormai i sensori installati dopo quel dramma sono datati: l’Arpa li rimpiazzerà.