Agnelli Cavaliere del lavoro
Nominato Cavaliere del lavoro dal presidente Mattarella. «Non ci credevo» Commozione al telefono con un ex dipendente. E il pensiero a tutta la carriera
Baldassare Agnelli: « Un pensiero va a tutti i dipendenti».
Quale sia stato il primo giorno di lavoro non se lo ricorda, ma la paghetta quella sì. «Al termine della giornata papà Angelo ci dava i soldi per comprarci un Cornetto Algida». Durante le vacanze estive, nell’azienda di via Fantoni in città, la «Fabbrica di Alluminio Baldassare Agnelli», lui e il fratello Paolo si industriavano (è proprio il caso di dirlo) togliendo i manici di bachelite dalle pentole vecchie che i clienti portavano, in cambio di quelle nuove. «Avremo avuto sì e no dieci anni» dice. Lui il maggiore, Baldassare, classe 1947, con un nome così impegnativo — ereditato dal nonno orafo che per primo aveva intuito i molteplici impieghi dell’alluminio — da essere subito commutato in «Ciccio».
Per tutti, anche ora questo è il suo nome, ma non per l’anziana tabaccaia di via Angelo Mai che si è sempre ostinata a chiamarlo Baldassarino. Ci sono notizie che quando arrivano, basta chiudere gli occhi per riandare indietro con il tempo e dare un senso ad una vita. Rivedersi piccoli in un attimo, a strappare manici di pentole vecchie o non ancora ventenni ad impiantare la Agnelli Metalli per il commercio di metalli ferrosi e non ferrosi. E ricordare un papà, Angelo, che «ci ha sempre lasciato fare, dandoci dei consigli e nello stesso tempo spazio. Come ho cercato di fare io con mio figlio. Dopo due mesi che era in azienda, il mio Angelo mi ha portato bell’e finita la pentola d’oro. In quel momento ho capito che la nostra storia di famiglia sarebbe andata avanti per tanti anni ancora». Ma la storia, fatta dei suoi corsi e ricorsi vichiani, ieri ha saldato il conto con il passato.
Anche il nonno Baldassare era stato insignito di quell’onorificenza di cui andava fierissimo e di cui si fregiava in famiglia: il cavalierato del lavoro. Che è tornato ad appuntarsi sul petto del nipote. Di Baldassare (con una sola «r») in Baldassare quella piccola croce verde su fondo rosso torna nella famiglia Agnelli. «Un mese fa mi chiamano dalla segreteria della Federazione — racconta —: “Sei nella rosa dei 40 prescelti”. Vabbè, dico io, anche se non mi premiano sono contento lo stesso. E, invece, stamattina (ieri per chi legge, ndr) ecco la sorpresa. Ho messo giù il telefono che non ci credevo». Messo giù, ma subito «tirato su» perché il cellulare si è fatto rovente. Tra i primi a chiamarlo un vecchio direttore di stabilimento: «Mi ha detto due parole e po’ an se meticc dré a locià insema (e poi ci siamo messi a piangere insieme). Perché questo è un onore che ricevo io, ma che va condiviso con tutti i miei dipendenti, quello presenti e quelli del passato». La voce gli si incrina improvvisamente. Si capisce che lo tsunami lacrimoso è a portata di ciglio un’altra volta. «Quando poi ho dato un’occhiata ai nomi di chi verrà premiato insieme a me, mi sono sentito piccolo piccolo».
Da Andrea Illy, il signore del caffè, a Pierantonio Riello, da Remo Ruffini, il signore dei piumini (Moncler), ad Alberto Vacchi, tanto per citarne alcuni dall’elenco dei 25. Nomi altisonanti che a Baldassare fanno quasi soggezione, ma che hanno fatto grande l’Italia. «È un premio che sigilla una vita di lavoro, che per me è fatto di soddisfazione e di passione — afferma dopo essersi schiarito la voce — ci sono stati giorni belli, quelli delle conquiste e delle acquisizioni, e giorni più difficili, ma ci siamo sempre fatti forza l’uno con l’altro».
Il riferimento è a Paolo, il fratello. La simbiosi è evidente e si ritrova in tutti quei plurali che non sono maiestatis, ma sottendono proprio il rapporto di fratellanza anche
La dedica «Un onore che ricevo io, ma da condividere con tutti i nostri lavoratori, di ieri e oggi»
Gli altri Da Illy a mister Moncler «Quando ho letto i loro nomi mi sono sentito piccolo in confronto»
industriale con Paolo che, ieri, ancora più felice di Baldassare, ha invaso i telefonini degli amici con l’annuncio. «È un riconoscimento alla sua tenacia e umiltà», sintetizza. Nemmeno il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, con i nuovi dazi sull’alluminio, riesce a guastare questo momento di gioia in famiglia e in azienda: «Non è un provvedimento che ci tocca, i nostri sono prodotti finiti e l’America non è un mercato significativo, anche se registriamo un aumento dei costi della materia prima. Passerà anche questa». Parole che nascondono la saggezza del tempo e di una vita di lavoro cominciata rompendo manici. Verga l’aveva già scritto nei Malavoglia: «Bisogna rompere la pentola per aggiustarla».