Le menzogne d’attore di De Capitani
De Capitani al Donizetti con il testo di Arthur Miller
Il regista De Capitani interpreta e dirige: «Questo testo parla di noi attori e della nostra vita»
Un omaggio al mestiere d’attore e un’indagine sulla menzogna insita nell’uomo è la messinscena di «Morte di un commesso viaggiatore» di Arthur Miller portata al Donizetti, da martedì a sabato alle 20.30, replica domenica alle 15.30, dall’attore e regista Elio De Capitani.
Portavoce di un teatro politico e antropologico, abituato a scavare nella psiche di bugiardi cronici, dal «Caimano» di Moretti al Roy Cohn di «Angels in America» sino a Hector di «History boys», De Capitani con questo spettacolo, di cui firma la regia e in cui interpreta Willy Loman, indaga «la menzogna, elemento costitutivo del noi. Così volevo aggiungere all’opera di Miller qualcosa che toccasse il pubblico, perché si sentisse estraneo alla patologia del protagonista ma attratto da un uomo costretto a vivere in quel modo — dice —. E il segreto nella resa scenica sta nella frase “The inside of his head”, che doveva essere il titolo originale dell’opera. La realtà di Willy non è oggettiva, ma un’allucinazione della mente, realizzata come
una visione fantasmatica, un incubo a occhi aperti trasmesso attraverso il mio corpo che, nella fase onirica, perde l’attaccamento alle leggi della gravità. Questo ha trasformato la rappresentazione in un testo dell’oggi, perché tutti siamo commessi viaggiatori, vivendo in una società in cui si è costretti a vendere la merce più difficile: noi stessi».
Nello spettacolo, in cui l’attore recita accanto alla moglie Cristina Crippa, nel ruolo della signora Loman, è stata modificata la battuta finale. «Non si ascolterà ‘per chi fai il commesso viaggiatore’, ma ‘per chi fa questo mestiere sognare fa parte del suo lavoro’. Anche noi attori siamo commessi viaggiatori dell’arte, andando per teatri. È un piccolo apocrifo dedicato a Willy Loman, uno di noi», spiega De Capitani. Che è un artista con la vali- gia. Quella dell’attore «la più leggera e bella, quella del direttore teatrale dell’Elfo Puccini, che pesa di più, perché carica di carte e documenti, è una tortura, e la valigia del regista, con pacchi di libri».
La prima dello spettacolo sarà dedicata a Paolo Poli, a cui l’attore era legato da un’amicizia lunga 45 anni. Ne ricorda non solo gli spettacoli ma anche i pranzi e le cene spettacolari. «Diceva che al cinema sono bravi tutti. Può recitare anche Lessie. Battuta arguta. Con la sua morte si stacca un pezzo di un mondo che abbiamo imparato ad amare. Per primo ha rotto il conformismo, dichiarando la sua omosessualità. Era un grande uomo nella vita e una grande signora a teatro».