Sfogo di Bossetti davanti alla Corte «Bugie su di me»
Parlano i colleghi, lui sbotta in aula: mia moglie e il suicidio, solo falsità
Era rimasto in silenzio per 19 udienze. Ieri, quando i testimoni hanno parlato della crisi di coppia e della minaccia di suicidio, Massimo Bossetti si è alzato: «Mai detto quelle parole». E sulle bugie del tumore alla testa: «Mi vergogno e mi scuso».
Il Dna, il furgone, le celle telefoniche. Per 19 udienze Massimo Bossetti non ha mai detto una parola ad alta voce. Marita, la crisi di coppia, l’intenzione di farla finita, le bugie sul tumore alla testa. Ieri, a sorpresa, il carpentiere a processo per l’omicidio di Yara Gambirasio si è alzato in piedi ed è sbottato. «Non ho mai detto quelle cose», lo sfogo quando un impresario edile ha parlato del tentativo di suicidio. «Mi vergogno e mi scuso, ma non venivo pagato», l’ammissione quando un altro teste ha riferito delle (finte) chemioterapie.
Ennio Panzeri, titolare della ditta di Cisano in cui Bossetti ha lavorato dal 2000 al 2008 ricorda il giorno «in cui mi disse che aveva minacciato il suicidio per problemi con la moglie». Bossetti è seduto accanto ai suoi avvocati, fa un balzo ed è in piedi: «Non è vero, non ho mai dello quelle cose qua». Gli agenti di polizia carceraria gli mettono una mano su una spalla per farlo risedere. Lui non fa scenate, ma si capisce che, toccati i tasti personali, vuole dire la sua. «Signor Bossetti quando il testimone avrà terminato, lei potrà fare le sue precisazioni», lo rassicura la presidente della Corte d’Assise Antonella Bertoja. Il teste esce e lui chiede di poter parlare, in piedi, al microfono: «Non ho mai accennato nemmeno una volta a problemi con mia moglie o contro mia moglie. Lo confermo al cento per cento». Parla anche di quel soprannome, «il Favola». «Solo Panzeri lo usava perché si era rotto il nostro rapporto». «Aveva preso l’impegno per un lavoro ma quindici giorni prima non l’ha mantenuto», la versione dell’impresario. «Mi sono rifiutato perché non arrivano gli stati di pagamento», quella dell’imputato. Pensare che — hanno confermato altri colleghi del cantiere di Cisano — Panzeri una volta era andato per ospedali a cercare «il Massi», che aveva riferito di un intervento al setto nasale, senza però trovarlo. Anche ad alcuni aveva fatto intendere di avere dolori in famiglia. Lo dice, per esempio, Aurelio Quarti, casa in via Rampinelli come i Gambirasio: «Aveva raccontato di avere tre denunce per aver picchiato la moglie e che non poteva avvicinarsi a casa. E aveva detto “allora vado ai ponti di Sedrina e mi butto giù”». «E...», scuote la testa Bossetti. I soldi, ha raccontato, non arrivavano nemmeno nel 2014 dai lavori nel cantiere di Seriate dove a giugno è stato arrestato. Era dell’impresa di Claudio Andreoli. Altri colleghi, altre bugie. Come quella della grave malattia. «Bossetti mi disse che negli ultimi trequattro mesi aveva un tumore
Lo sfogo dell’imputato In cantiere non pagavano allora mi assentavo per cercare altri lavori Non potevo portare a casa un secchio di sabbia
alla testa, sopra il setto nasale e alla nuca, che faceva le chemioterapie a Milano e che perdeva i capelli sul cuscino. Ma non voleva che la moglie lo sapesse per non farla preoccupare». Una scusa per assentarsi. L’imputato ammette. E spiega che il contraltare di una bugia così pesante era la ricerca di altri lavori. Era in credito di 8.000 euro. «Signor presidente mi vergogno e mi scuso. Ma lì non mi pagavano da gennaio e mi intimavano di non fare altri lavori. Non potevo dirlo, altrimenti avrebbero bloccato il pagamento. A casa non potevo portare un secchio di sabbia». Ha poi chiarito il giallo della discoteca «Sabbie Mobili». Antonella Ornago, barista di Merate, aveva sentito che ne parlava con un altro avventore ricordando i vecchi tempi. «Ma non è quella di Chignolo», ha più volte ribadito lei. Il pm Letizia Ruggeri ha insistito nel chiedere perché ne fosse così sicura. Gli avvocati dell’imputato, Claudio Salvagni e Paolo Camporini, hanno precisato che ce n’era una con lo stesso nome a Sotto il Monte. Poi ci ha pensato Bossetti: «Andavo in una discoteca a Chignolo, ma si chiamava Il Gabbiano».