Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Stadio Paolo Rossi, l’appello di Zigoni ai tifosi romani «La capitale apra il cuore»
I campanilismi ultimo ostacolo all’intitolazione dell’Olimpico
del Paese nell’ultima generazione, se non gli intitolano l’Olimpico, vuol dire che il genere umano è davvero irriconoscente».
La pensa così anche Gianfranco Zigoni, 77 anni, per due campionati ha giocato anche con la Roma. Dal 1970 al 72 ha calcato l’erba dell’Olimpico, ha segnato 12 reti e oggi a distanza di 50 anni chiede alla città e ai suoi tifosi che siano all’altezza di una capitale, che non si chiudano in assurdi campanilismi e riconoscano quello che Rossi ha rappresentato: «I romanisti hanno un cuore grande e i veri appassionati sanno che Rossi è stato il simbolo dell’Italia - spiega Zigoni - Roma è città piena di Storia e Pablito rappresenta la storia del calcio italiano. Senza di lui quel mondiale di Spagna non l’avremmo vinto, i suoi gol sono stati sue invenzioni».
Zigoni rockstar del calcio italiano, giocatore talentuoso e ribelle nel tempo è rimasto sempre se stesso è per questo non le manda a dire: «Roma vuol farsi additare come la città che non riconosce i campioni? Vuol farsi superare da Napoli che in pochi giorni ha intitolato lo stadio a Maradona, grandissimo campione, ma argentino?». Gli stranieri sanno riconoscere il valore dei nostri campioni, gli italiani no? «Un po’ di anni fa ad un torneo di vecchie glorie a Bolzano - ricorda Zigoni - c’era anche Paolo Rossi che però non aveva giocato. Ebbene in quell’occasione gli spagnoli gli regalarono una maglia per quello che aveva rappresentato per il calcio mondiale e noi, ad un anno dalla sua morte, stiamo ancora discutendo se è giusto intitolargli l’Olimpico, un nome che tra l’altro non vuol dire nulla, che si cancella in un attimo». Ecco allora l’appello che Gianfranco Zigoni rivolge alle tifoserie, quella romanista ma anche quella laziale: «Rossi con quel mondiale ha dato lustro al nostro calcio e quindi anche a quello di Roma, questa città è la Capitale del nostro paese ed è qui che deve essere ricordato un grande calciatore ma anche un grande uomo che ci ha fatto sentire orgogliosi di essere italiani. Ecco allora che dico a tutti i tifosi e a chi ha ancora dei dubbi, apritevi il cuore e senza pensarci un momento di più si avvii l’iter per l’intitolazione dello stadio Olimpico » . Al mondiale di Spagna c’era anche Ivano Bordon, all’epoca portiere dell’Inter. Ad accomunarlo a Paolo Rossi quell’etichetta di ragazzo della porta accanto, giocatore cortese, mai sopra le righe: «Tutti gli sportivi, ma non solo loro, lo devono avere sempre in mente, devono ricordarsi che cosa è stato Paolo non solo come campione ma anche come persona - racconta Bordon che oggi vive a Monza e fa il visionatore per il Comitato dilettantistico - i tifosi romanisti e laziali non penso si metteranno di mezzo perché Paolo è stato il campione che ha unito l’Italia e i veri tifosi questo lo sanno». Paolo Rossi, l’amico di nazionale ma anche l’avversario in campionato. «L’ho avuto di fronte quando giocava con il Vicenza, il Perugia o con la Juve - ricorda Bordon - Qualche volta ho parato, qualche volta mi ha fatto gol. Alla fine però ero più contento che a bucare la porta fosse lui con cui ero amico piuttosto di un altro».
Damiano Tommasi, per 10 anni in maglia giallorossa, dal 1996 al 2006, è più prudente: «L’intitolazione di uno stadio deve seguire un processo collettivo - puntualizza - L’intitolazione deve essere condivisa da chi frequenta lo stadio e questo non significa mettere in discussione il valore di Paolo Rossi».
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L’ex campione (anche) della Roma
I veri appassionati sanno che Rossi è stato il simbolo dell’Italia. Roma è città piena di Storia, e Pablito rappresenta la storia del calcio