Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Resa dei conti nel Pd: Bisato giallo dimissioni
Moretti: «Basta accordicchi». Minoranza azzoppata Troppo pochi per chiedere una seduta straordinaria
VENEZIA Ventiquattrore per metabolizzare la mazzata, per un necessario coordinamento con il Nazareno. Poi le dimissioni. Questa sembrava la scelta del segretario regionale del PD, Alessandro Bisato. Dimissioni che avrebbe dovuto annunciare oggi. Ma ieri, in serata, il dietro front. Niente conferenza stampa per l’addio bensì convocazione del direttivo regionale dopo le sollecitazioni trasversali di molti maggiorenti del partito per iniziare da «una serena analisi del voto». Comunque la si metta, quell’11,91% del Pd, il risultato peggiore di sempre per i dem, pesa tanto più che con questi numeri, per dirne una, la minoranza non ha neppure i numeri per chiedere un consiglio regionale straordinario, strumento spesso usato nell’ultima legislatura: servono 13 firme e la minoranza arriva a 9. I candidati «del voto disgiunto» poi, non ce l’hanno fatta: Stefano Artuso si ferma a 1335 preferenze, Chiara Luisetto con la cifra monstre di 9000 preferenze è prima dei non eletti. «Il risultato è al di sotto delle aspettative - spiega Stefano Fracasso, ex capogruppo Pd in consiglio - L’affluenza aumenta di 200 mila votanti sul 2015 mentre la coalizione perde oltre 100 mila voti, c’è poco da girarci intorno».
Ci va giù pesante anche l’europarlamentare dem Alessandra Moretti: «In un momento così complicato il primo ringraziamento va ad Arturo Lorenzoni e a tutti i candidati, ma non si ripeta l’errore di 5 anni fa di addossare le responsabilità di una sconfitta annunciata al candidato presidente e al segretario regionale, lasciandoli soli, magari strumentalizzandola». Secondo Moretti, «il risultato non è tanto imputabile ai candidati, quanto ad una certa dirigenza. Chi da un anno ha in mano il partito ha azzerato il sistema democratico delle primarie che comunque garantiva contendibilità nella selezione della classe dirigente, entusiasmo e partecipazione da parte dei sostenitori».
Fracasso enumera gli errori: «Le armi non erano tante ma andavano usate: il candidato avrebbe dovuto spendere l’azione incisiva del governo durante la pandemia. Un errore è stato scegliere il candidato a tavolino. Servivano le primarie. E, attenzione, il tema non è Lorenzoni ma la strategia politica che è mancata. Che poi...il Pd doveva inseguire le sardine? La società civile? In Veneto la società civile è nei capannoni e nelle imprese a produrre, si deve andare lì. Anche Moretti torna sulle «primarie negate»: «Vedo la necessità, di far emergere una nuova classe dirigente e un segretario regionale che esca da un percorso di legittimazione dal basso, senza accordicchi di palazzo. Di lavoro da fare ce n’è molto per ridare identità, struttura e credibilità a un partito che non può essere né la sintesi delle correnti, ma neppure il suo contrario, ovvero lo scontro permanente per un posto al sole». Insomma, un bilancio a metà fra un mea culpa e «La Foresta dei Pugnali Volanti». (m.za.)
L’autocritica dei maggiorenti: ripartire da qui con una nuova classe dirigente