Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
M5S fuori D’Incà: alleanze con i dem
Nessun eletto in consiglio regionale. Il mea culpa di Cappelletti: «Comunicazione sbagliata»
Fra le nuove battaglie annunciate da D’Incà, una grande multiutility tutta veneta
VENEZIA Numeri che ballano intorno al salvifico 3%, la soglia per restare nell’emiciclo di Palazzo Ferro Fini. E la beffa finale: il candidato pentastellato, l’ex senatore Enrico Cappelletti, arriva al 3,25% ma la lista che lo sostiene, quella del Movimento 5 Stelle, inchiodata a un 2,69%. Nel corso dell’interminabile notte di lunedì è parso che i pentastellati potessero segnare almeno il gol della bandiera, difendere almeno uno scranno. Non è andata così. «È stata una lunga nottata, - ragiona, pacato, Cappelletti - abbiamo assistito a una situazione paradossale: nel giorno di un successo straordinario sul referendum promosso dal M5s, il tracollo alle Regionali. Avevamo messo in conto di calare ma pensavamo a una contrazione del consenso più limitata. Ripeto, è paradossale che i cittadini siano andati in massa a votare sì al nostro referendum che taglia i costi della politica e che sono stato l’unico candidato a sostenere a spada tratta e, sempre in massa, abbiano votato Zaia che con una legge regionale ha aumentato di 10 poltrone, con gli assessori esterni, l’organico della Regione e quindi i costi della politica. Sì, è una situazione un po’ kafkiana». Cappelleti, però, fa anche autocritica: «Il problema vero è che non c’è stata una corretta comunicazione da parte nostra, dobbiamo fare mea culpa. Da qui dobbiamo ripartire». Un mezzo dubbio sul senso della legge elettorale che fa superare al candidato la soglia di sbarramento ma non all’unica lista che lo sostiene a Cappelletti resta: «sarà materia per i giuristi ma mi chiedo se così si rispetta la ratio degli elettori».
La voce del pentastellato bellunese Federico D’Incà, ministro dei Rapporti con il Parlamento è venata di rammarico. «È stata una giornata con due facce, - spiega D’Incà - la grande vittoria sul referendum e una sconfitta dolorosa per cui non entreremo in consiglio regionale. Onestamente? Mi sembra un grosso danno per la democrazia del Veneto. Ho aiutato lealmente Cappelletti e lo ringrazio. A gennaio ero tra quelli che avrebbero preferito di portare il M5s in una coalizione più ampia ma i tempi non erano maturi, quindi mi sono adeguato alla scelta della base. Allo stesso modo ho cercato di portare in Senato Crisanti ma qualche bastone fra le ruote me lo sono ritrovato. Insomma, ora dobbiamo ripartire pensando a un’economia forte, alla vicinanza ad aziende in crisi come l’Acc di Mel, alla lotta ai Pfas. Io poi ho un pallino: voglio capire perché il Veneto non ha una grande municipalizzata e diventa quindi terra di conquista. Si riparte dall’ascolto dei cittadini, dai banchetti, dalla base. E poi il movimento, lo ripeto, deve aprirsi, ad altre forze politiche e alla società civile facendo squadra con tutte le persone di buona volontà per sanare gli errori del passato: nelle prossime settimane arriveranno i primi risarcimenti ai truffati delle popolari venete». (m.za.)