Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Due ex orafi, rabbia e debiti Lo ammazza e poi si uccide
TRISSINO (VICENZA) Cinque colpi di pistola in pieno giorno, all’ora di pranzo. La vittima, colpita alle spalle e alla testa, è Enrico Faggion, 39 anni, ex orafo ora magazziniere che si sarebbe dovuto sposare l’8 agosto (nella foto, una delle sorelle). L’assassino, Giancarlo Rigon, 59 anni, imprenditore orafo, ha atteso Faggion fuori casa bloccandolo con la sua auto. Dopo un furioso alterco che avrebbe all’origine un debito non pagato dai Faggion a Rigon, la tragedia. Poco dopo è stato ritrovato il corpo di Rigon che si sarebbe suicidato con la stessa arma del delitto. Incredula la famiglia della vittima, madre e tre sorelle, ma anche i famigliari di Rigon che non si spiegano un gesto tanto estremo.
TRISSINO Occhi rossi di lacrime, visi raccolti tra le mani e abbracci. Ieri, per tutto il pomeriggio, nel piazzale delle piscine comunali di Trissino erano in diversi a chiedersi perché di un simile delitto a bruciapelo, perché ad Enrico Faggion. «Era fin troppo buono quel ragazzo, lo è sempre stato, per me era come un figlio» racconta, singhiozzando, l’ex suocera. «L’azienda orafa? Era stato truffato, si sapeva» le fa eco il marito. Ma il 39enne, così come raccontano i colleghi, pare non amasse parlare dei vecchi affari, dell’impresa di famiglia naufragata. Nemmeno degli strascichi, tra cui, evidentemente, anche le questioni con Giancarlo Rigon. Con cui pare avesse avuto una discussione anche la scorsa settimana, sempre a Trissino. Ma allora il 59enne non sarebbe andato oltre le parole.
A casa Faggion, una bella villetta, l’anziana madre non ha voglia di parlare. «Sta molto male» riferisce chi la conosce. «Per favore, rispettate il nostro silenzio» sono state le uniche parole di Alessandra, una delle tre sorelle, sull’uscio dell’abitazione in via Strobe, prima di scoppiare in lacrime sul marciapiede in cui era stato ammazzato il fratello, lì dove gli amici e colleghi hanno deposto poi dei fiori bianchi. «Chissà se ha visto la morte in faccia, chissà se ha sofferto, speriamo di no, non se lo meritava» sussurravano i colleghi guardando oltre il cordone bianco e rosso steso dai carabinieri. Lì dove sono rimasti per ore, per riuscire poi a salutare il carro funebre con il corpo che si allontanava.
«Che sangue freddo, che mente contorta deve aver fatto questo» le parole di Beatrice Molon, figlia del datore di lavoro del magazziniere. La sua professione da una decina di anni. Il 39enne era alla sua ultima settimana di lavoro, poi, con la chiusura per le ferie estive dello stabilimento con una cinquantina di dipendenti, avrebbe salutato tutti con un brindisi. E l’arrivederci a settembre. «Ora quel brindisi lo faremo lo stesso, a nome di Enrico» singhiozzano i colleghi, con addosso la stessa tuta blu che portava il 39enne quando è stato ucciso, raggiunto alle spalle dalla sequenza di colpi. Un pomeriggio tragico che ha profondamente turbato una cittadina tranquilla, di certo non abituata a fatti di violenza di tale portata. «Bisogna andare a fondo, capire i motivi di quello che è accaduto. È un fatto inspiegabile, in paese siamo tutti sconvolti – commentava ieri Davide Faccio, sindaco di Trissino, rimasto sul posto per ore – adesso, commentare a caldo è impossibile. Dobbiamo lasciar fare il loro lavoro agli investigatori e poi analizzare tutto l’accaduto a mente fredda».