Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Eventi sportivi, banche, cantieri e navi Lo stallo del governo blocca il Veneto
Tutti i dossier in attesa di un esecutivo che non c’è. Lo spauracchio dell’Iva spaventa le categorie
E vissero senza governo felici e contenti, come accadde in Olanda (7 mesi senza esecutivo), in Spagna (10 mesi), in Belgio (record assoluto: un anno e mezzo)? Mica tanto. Nonostante alcuni analisti facciano notare come dal 4 marzo ad oggi allo stallo della politica sia corrisposto un andamento positivo della Borsa e dello spread, in realtà l’assenza di un inquilino a Palazzo Chigi – Gentiloni è lì solo per il disbrigo dell’ordinaria amministrazione – costringe a tener chiusi nel cassetto dossier delicati ed importanti, che in mancanza di una scelta da parte del «decisore politico» rischiano di finire addirittura nel cestino.
Il presidente del Coni, Giovanni Malagò, venerdì è tornato a battere sulla candidatura italiana ai Giochi olimpici invernali del 2026, a cui com’è noto concorre Cortina con Milano e Torino: «Sarebbe sbagliato e inopportuno portare avanti una candidatura olimpica con un governo di transizione – ha detto sconsolato -. Non espongo una candidatura italiana senza un governo che l’appoggia». Il presidente Luca Zaia gli ha fatto eco, parlando di «imbarazzo» per questi 60 giorni «buttati al vento» e mostrandosi fortemente preoccupato (ed è la prima volta) per il prosieguo della trattativa per l’autonomia: «È una delle partite a rischio» ha confessato, perché è chiaro che dopo la firma dell’intesa quadro del 28 febbraio, voluta con forza dal Veneto proprio per mettere al riparo il lavoro fatto fino a quel giorno ed il risultato del referendum del 22 ottobre (2,2 milioni di veneti al voto, 98% di Sì), non si può proseguire oltre senza un ministro legittimato a discutere ed un parlamento nella facoltà di approvare l’intesa prevista dalla Costituzione.
E non c’è solo questo. Sempre sul fronte sportivo sono in stand-by i Mondiali di ciclismo del 2020 che, come stabilito dal Comitato Direttivo dell’Unione ciclistica internazionale durante il Congresso di Bergen, dovrebbero svolgersi in Veneto tra Venezia e Vicenza. Anche qui, senza governo, si rischia di pedalare a vuoto: «Auspichiamo che la situazione politica possa definirsi in maniera tale da consentire al progetto Veneto 2020 di concretizzarsi definitivamente nei tempi richiesti dall’Uci» ha detto nelle scorse settimane il presidente del Comitato organizzativo, Claudio Pasqualin.
Sul fronte economico, le categorie guardano con apprensione al minacciato aumento dell’Iva, vera e propria sciagura per i consumi: il consiglio dei ministri ha approvato il 26 aprile il Def 2018, che non a caso Gentiloni ha definito «a politica invariata». Significa che prevede l’aumento dell’Iva imposto dalle clausole di salvaguardia, fin qui sempre scongiurate grazie alle misure di sterilizzazione individuate di anno in anno. Misure pure potranno essere rinnovate dal prossimo governo, ma se il governo non arrivasse? Per il 2019 gravano 12,4 miliardi di aumenti, per il 2020 addirittura 19,1 miliardi: secondo uno studio del Sole
24 Ore la spesa media per famiglia aumenterebbe di 317 euro a famiglia.
C’è poi la questione del decreto attuativo relativo al Fondo di ristoro destinato ai risparmiatori vittime dei reati bancari, leggasi Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Il sottosegretario (uscente) all’Economia Pierpaolo Baretta ha assicurato che è pronto ed è stato spedito a Palazzo Chigi e al Consiglio di Stato per l’ultimo, definitivo via libera. Ma se a Palazzo Chigi il campanello suona a vuoto... «È un decreto applicativo di una legge già approvata, sarà in ogni caso promulgato» tranquillizza tutti Baretta. Ma intanto il provvedimento è già in ritardo di oltre un mese. Ancora, la rimodulazione dei Fondi da parte dell’Unione Europea: il bilancio 2021-2027 presentato dal presidente della Commissione Jean-Claude Juncker (valore complessivo, 1.279 miliardi), potrebbe costare al Veneto 91 milioni secondo le prime stime (oggi la nostra Regione riceve dal Feasr 1,17 miliardi, dal Fesr 600 milioni e dal Fse 764 milioni). «Serve un governo autorevole per fare in modo che si riducano i tagli all’agricoltura e non ci siano tagli sui fondi di coesione per le Regioni» ha ammonito il presidente del Europarlamento Antonio Tajani.
Quindi le infrastrutture. Il Porto di Venezia attende che la situazione si chiarisca al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti per chiudere e spedire a Roma il progetto che deve dare esecuzione alla decisione presa dal Comitatone il 7 novembre in tema di
I Fondi Ue alle Regioni Il bilancio Juncker taglia agricoltura e fondi alle imprese. Ma l’Italia non riesce a farsi sentire
Grandi Navi (e cioè via tutti dal bacino di San Marco, si passa dalla bocca di porto di Malamocco, Grandi Navi a Marghera, Piccole Navi alla Marittima). Si attende di sapere se sarà necessario il passaggio in commissione Via, nel frattempo si va avanti come sempre, tra San Marco e Marittima. Sono «al vaglio del governo» i 100 milioni indispensabili per il completamento della tangenziale attorno a Vicenza (manca il tratto a nord della città) ed anche il progetto preliminare della Tav in terra berica, col superamento del celeberrimo «nodo di Vicenza» (affiancamento ai binari esistenti, nuova stazione, fermata in Fiera), resta sul tavolo della Conferenza dei servizi, così che non si può procedere col definitivo, l’esecutivo e l’apertura dei cantieri. Volendo ci si potrebbe mettere pure la Orte-Mestre, con Anas che ha annunciato di aver dato vita ad una cabina di regia col ministero delle Finanze e quello delle Infrastrutture per subentrare ai privati nel mega project financing da 9,3 miliardi (nel solo tratto tra Cesena e Mestre), ma considerando che quest’opera è ferma dal 2003, forse non è tutta colpa di Di Maio, Salvini & co.
Infine la nuova Legge Speciale per Venezia. In campagna elettorale il sindaco Luigi Brugnaro aveva avuto ampie rassicurazioni (dalla neo presidente del Senato Elisabetta Casellati ad esempio) che la nuova legge necessaria per la sopravvivenza della «Speciale Venezia», con più poteri per il primo cittadino e più soldi per tutti, sarebbe stata in cima ai pensieri del nascituro parlamento. Ma Montecitorio e Palazzo Madama sono in stand-by, come si sa, e mica per colpa loro. «Eh, senza un governo...».