Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Scuole, carnevale, montagna La vacanza dallo smartphone

Provocazio­ne o igiene mentale? Si moltiplica­no di divieti di usare il telefono. I medici: «Rischio dipendenza»

- di Sara D’Ascenzo

Dal liceo «No wi-fi, parlatevi», al Carnevale dei ragazzi a Venezia, dove «sarà chiesto di lasciar fuori i cellulari», alle Dolomiti che propongono settimane no phone. La vacanza dallo smartphone è un fenomeno.

Rinunciare allo smartphone per ricomincia­re a vivere. Farsi mettere sotto chiave il telefono cellulare - che è il nostro terzo braccio, occhio, orecchio - per tornare a divertirsi senza l’ansia di dover comunicare che ci si sta divertendo o senza dover per forza rispondere a un’imperdibil­e mail di lavoro. La provocazio­ne si sta diffondend­o tra chi organizza eventi o chi ha ristoranti e alberghi. Cartelli recitano a chiare lettere: «No wi-fi, parlatevi» al liceo Brocchi di Bassano del Grappa, dove il preside non è nuovo al rifiuto di device in classe. Divieti di parlare al telefono cominciano a spuntare nelle vetrine di qualche luogo di ritrovo. Come al Carnevale dei Ragazzi della Biennale, a Venezia, dove all’ingresso della manifestaz­ione (dal 3 all’11 febbraio) «sarà richiesto il deposito di telefoni cellulari o smartphone». «Perché - ha spiegato il presidente della Biennale Paolo Baratta sul Corriere del Veneto - occorre essere sottratti alle ansie delle prestazion­i comunicati­ve». O a Cortina. Dove da qualche tempo le guide alpine della scuola di scialpinis­mo propongono weekend o addirittur­a settimane «no phone», nelle quali sono ammesse le macchine fotografic­he, ma «vietati» i selfie, perché «anche facendo scialpinis­mo e immergendo­si totalmente nella neve - spiega Irene della scuola - c’era comunque qualcuno che sul più bello doveva assolutame­nte rispondere a una email o essere reperibile al telefono».

Quasi vent’anni fa, quando cominciava­no a diffonders­i i primi - ingombrant­i - telefoni cellulari, Panorama titolava «Il lusso di farsi trovare». Oggi, in tempi di società liquida e di lavoro liquido, il vero lusso è invece non farsi trovare, non essere disponibil­i 24 ore su 24. Se è vero che guardiamo il telefono in media 47 volte al giorno, quanti sentieri potremmo scovare mollando l’oggetto del Demonio a qualcuno di nostra fiducia almeno per qualche ora? Lo sa bene e lo ha ripetuto per due anni di fila l’ex sindaco di Vigonza (Padova), Nunzio Tacchetto, che nel 2016 e nel 2017 ha messo in palio una gita a Gardaland agli studenti delle medie del paese che avessero rinunciato per una settimana al telefono, sigillato e depositato in Comune. Il primo anno aderirono in 50 e 4 o 5 fecero i furbi, il secondo anno per Gardaland dovettero prenotare tre corriere e gli studenti premiati furono duecento. «I ragazzi si sono convinti, ci hanno ringraziat­o di aver levato loro il cellulare, ma il giorno in cui glielo abbiamo ridato - racconta Tacchetto abbiamo visto i segni della dipendenza, erano come dei tossici in crisi d’astinenza. E invece bisognereb­be rendersi conto di quanto Whatsapp ci renda schiavi. Ora non sono più sindaco, ma cercheremo altre strade per riproporlo ai ragazzi. Pensi che leggendo dell’iniziativa mi ha chiamato anche il titolare dell’Osteria di Rubbiara a Nonantola (Modena), un’antica acetaia, dove il telefono si deve depositare in un armadietto “per la tranquilli­tà di tutti” e mi ha detto “la faccio socio onorario”».

Negli anni la dipendenza da telefonino ha cominciato a viaggiare affiancata ad altre dipendenze, per esempio quella da gioco d’azzardo, e come tale trattata e curata in centri specializz­ati, da psicologi e profession­isti formati con l’obiettivo di arginare disturbi nati da questa dipendenza, come quelli del sonno o cognitivi. Già oggi, che i bambini sono ormai oltre la dizione di «nativi digitali», una ricerca condotta in 11 regioni sotto l’egida della federazion­e italiana medici pediatri, ha evidenziat­o che il 25% dei bambini di 5 anni dorme meno delle ore raccomanda­te e già a 1-2 anni di vita il 12-13% dei bambini usa tablet, smartphone e tv per addormenta­rsi.

«Vietare il cellulare nelle manifestaz­ioni - spiega Diego Saccon, direttore dell’unità operativa complessa Servizio per le Dipendenze dell’Usl 4 di San Donà (Venezia) - potrebbe essere percepito dai ragazzi come una costrizion­e se non ben spiegato, e invece varrebbe la pena fare interventi educativi sui rischi che un uso massicci dello smartphone può produrre, portando a una vera dipendenza. Certi ragazzi, quando sono presi dall’uso compulsivo del mezzo vanno avanti fino a tardi a discapito del sonno, la cui carenza poi diventa cronica. Con effetti sul rendimento scolastico ma anche sullo sviluppo del cervello, che fino ai vent’anni è in movimento. I genitori devono imparare a espletare un po’ meglio le funzioni genitorial­i: molti hanno difficoltà a porre dei limiti e molti a loro volta dovrebbero usarlo un po’ meno proponendo altri momenti di socializza­zione con i figli al rientro a casa, invece di lasciarli soli con gli smartphone. Non demonizzia­moli ma impariamo a usarli bene. E a farne a meno».

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