Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Cherchi: «Soddisfatti, le accuse sono solide»
«Questa sentenza ha dimostrato che l’impianto dell’accusa è solido, le tesi della procura sono state confermate quasi integralmente». E’ il commento di Bruno Cherchi, capo della procura di Venezia. Su una cosa però i magistrati non ci stanno: che chi è stato prescritto, in particolare l’ex sindaco Giorgio Orsoni e l’ex presidente del Magistrato alle Acque Maria Giovanna Piva, cantino vittoria.
VENEZIA La lettura dura otto minuti, le quattro pagine sono fitte e in aula si cerca subito di interpretarle, tra condanne e prescrizioni, tra capi d’imputazioni e provvisionali. Ma Bruno Cherchi, dall’inizio dell’estate procuratore capo di Venezia, che dunque ha seguito direttamente solo le ultime udienze, va dritto ai microfoni sicuro. «Questa sentenza ha dimostrato che l’impianto dell’accusa è solido, le tesi della procura sono state confermate quasi integralmente - spiega - Oggi si chiude una vicenda molto lunga e il verdetto deve essere visto nel contesto complessivo che comprende anche i patteggiamenti dell’ottobre 2014». Ormai quasi tre anni fa molti dei principali protagonisti degli arresti del 4 giugno 2014 erano scesi a patti con i pm e questo era il processo dei «reduci», coloro che avevano scommesso sulla possibilità di essere assolti o anche, con l’indicibile calcolo che tutti gli avvocati fanno, prescritti. «Quello della prescrizione è un grosso problema che rileviamo non solo in questo processo, ma in tutta la nostra attività - spiega il magistrato Noi cerchiamo di mandare avanti tutti i
Cherchi Vanno considerati anche i patteggiamenti del 2014
processi e in particolare quelli più rilevanti che hanno degli interessi da tutelare, ma le carenze delle strutture amministrative sono evidenti: bisogna dare all’autorità giudiziaria più strumenti». In realtà lo stesso procuratore però ricorda che questa inchiesta, vista la sua complessità, è stata veloce: le indagini sono partite tra il 2009 e il 2010, le prime tranche di arresti risalgono al 2013 (Piergiorgio Baita e Giovanni Mazzacurati), poi la grande retata del 2014 e il processo iniziato a fine 2015 e passato attraverso 11 udienze di fronte al gip e 32 di fronte al collegio del tribunale.
Su una cosa però i magistrati non ci stanno: che chi è stato prescritto, in particolare l’ex sindaco Giorgio Orsoni e l’ex presidente del Magistrato alle Acque Maria Giovanna Piva, cantino vittoria. «Siccome per alcuni episodi è stata anche dichiarata l’assoluzione, è evidente che nelle prescrizioni il fatto storico contestato c’è stato ed era attribuibile a quel soggetto - conclude Cherchi - Purtroppo però il tempo è trascorso e non si può più condannare». Tesi ribadita anche dai pm che hanno gestito l’inchiesta e il processo, cioè Stefano Ancilotto e Stefano Buccini. Certo ora, in attesa delle motivazioni, si apre la fase dell’interpretazione del dispositivo e ieri Ancilotto, Buccini e il manipolo di finanzieri del Nucleo di polizia tributaria che hanno condotto l’indagine e affiancato i pm nel corso del processo si sono chiusi in stanza per riflettere. Ma dai loro volti traspariva soddisfazione. La stessa delle parti civili. «La gran parte delle nostre tesi è stata accolta e il Comune di Venezia avrà un risarcimento in via provvisionale di oltre un milione di euro», esulta l’avvocato Luigi Ravagnan, che ha rappresentato Ca’ Farsetti. «Le posizioni che più ci interessavano erano quelle che riguardavano le corruzioni legate all’opera Mose e ai lavori di Marghera e sono state entrambe confermate dalla sentenza commenta l’avvocato Paola Bosio per il Consorzio Venezia Nuova - Matteoli e Cinque sono stati condannati, Piva ha goduto della prescrizione, ma se fosse stata innocente il tribunale avrebbe dovuto far prevalere l’assoluzione». (a. zo.)