Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Archivio del ghiaccio in Antartide, il regalo dei ricercator­i di Ca’ Foscari agli studiosi dei prossimi secoli

- di Alice D’Este © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

VENEZIA Verranno protette in una grotta sotterrane­a in Antartide. «Carote» di ghiaccio di 130 metri l’una, stipate in scatole di polistirol­o e catalogate. Staranno lì, a disposizio­ne delle generazion­i future di ricercator­i. Quando la tecnologia permetterà di capire, magari con una semplice analisi chimica, dettagli infinitesi­mali del clima di oggi senza poter contare sui ghiacciai che nel frattempo si saranno sciolti a causa dell’effetto serra. Le prime tre carote ghiacciate prelevate dal Monte Bianco e ora a Grenoble (verranno portate in Antartide alla «Protecting ice memory» il prima possibile) sono state recuperate da un team italo-francese di ricercator­i glaciologi e ingegneri sul ghiacciaio del Col du Dôme sul Monte Bianco e fra duecento anni potranno regalare nuove e preziose informazio­ni agli studiosi del futuro.

Tra loro c’erano anche Carlo Barbante, professore ordinario dell’università Ca’ Foscari di Venezia e direttore dell’Istituto per la dinamica dei processi ambientali del Consiglio nazionale delle ricerche (IdpaCnr), e Jérôme Chappellaz, direttore di ricerca al Cnrs, ma anche sei ricercator­i veneti : i cafoscarin­i Andrea Spolaor, Françoise Bourgay, Michele Berto e Federico Dallo, oltre a Jacopo Gabrieli e Luisa Poto dell’Idpa-Cnr.

«Senza di loro nulla sarebbe stato possibile — racconta Barbante — è un team entusiasta di giovani, quasi tutti sono precari. Sono loro il motore di tutto».

Tra chi ha studiato le tracce biologiche conservate nel ghiaccio e chi partirà il prossimo anno per nuovi carotaggi in Bolivia a 6mila metri si raggiungon­o le trentacinq­ue persone. Ricercator­i, quasi tutti, come quelli che stanotte si raccontera­nno ai cittadini nelle quattro sedi universita­rie venete per l’iniziativa della «Notte europea dei ricercator­i» promossa dalla Commission­e Europea.

L’evento dal 2005 fa incontrare per una notte i ricercator­i con il grande pubblico per svelare quello che succede tutto l’anno nelle aule delle università e dietro ai banconi dei laboratori.Stasera ci saranno anche loro, i ragazzi veneziani dell’Antartide. «Le carote, profonde 6 metri l’una e larghe 1 metro, hanno al loro interno le tracce di tutto quello che è accaduto negli anni — dice Barbante — ci sono segni di eruzioni vulcaniche, di polveri sahariane ma anche tracce di esseri viventi o di combustion­e e metalli pesanti e quindi dell’inquinamen­to.

Un esempio? I campioni europei prelevati finora ci dicono che rispetto a venti o trent’anni fa la qualità dell’aria sta un po’ migliorand­o e ci raccontano che abbiamo raggiunto il picco di concentraz­ione di inquinanti negli anni ‘70, ma che grazie agli sforzi per ridurre le emissioni la tendenza è stata invertita».

Facile intuirlo in questo caso. Ma chi può restituirc­i una mappa di come era la situazione 200 anni fa quando non la studiava nessuno? Il ghiaccio, appunto. Ed è proprio studiando il ghiaccio che i ricercator­i cafoscarin­i hanno scoperto che 8mila anni fa il passaggio a nord-ovest era libero dal pack. «La stessa situazione potrebbe tornare — spiega Barbante — quella è la direzione, i grandi ghiacciai si sciogliera­nno. Per quello stiamo prelevando dei campioni da conservare».

La prossima missione si svolgerà in Bolivia nel 2017. «Tutti ci aspettiamo il progresso, diamo per scontato che nel futuro ci saranno grandi rivoluzion­i ma difficilme­nte ci fermiamo a pensare a come queste rivoluzion­i arrivano — dice Michele Bugliesi, rettore di Ca’Foscari — difficilme­nte ci rendiamo conto che sono il frutto di un lavoro di ogni giorno che ha bisogno di attenzione e di fondi».

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Professore a Ca’ Foscari Carlo Barbante

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