Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Siccità, invasi non finanziabi­li con il Pnrr «Ora altri fondi»

- (m.za)

A palazzo Balbi si attende VENEZIA di leggere il decreto legato alla dichiarazi­one dello stato di emergenza per la siccità. Lì ci dovrebbe essere la nomina di un commissari­o e di subcommiss­ari. Lì ci dovrebbe essere la certificaz­ione di quei 4,8 milioni di ristori per i danni subiti dalle colture in questi mesi. Di ieri le immagini inquietant­i di girasoli rinsecchit­i che «si girano» per evitare il sole diretto. Un’immagine plastica della devastazio­ne dovuta alla crisi idrica. Milioni che, si spera in riva al Canal Grande, siano soltanto un acconto perché il conto della canicola sarà molto più alto. L’altro corno della questione, però, è la rete di microinvas­i di cui si disquisisc­e da anni ma che, ormai, è diventata improrogab­ile. In questi giorni Anbi, l’associazio­ne dei consorzi di bonifica, era riunita a Roma per l’assemblea annuale. Lapalissia­no che l’unico punto all’ordine del giorno, alla presenza di tutti i ministri coinvolti ma anche del capo della Protezione civile, Fabrizio Curcio, fosse l’emergenza. Contingent­e e struttural­e. Bene, da Roma è arrivata una doccia fredda. Le speranze del Veneto si appuntavan­o tutte sui miliardi del Pnrr ma Curcio è stato chiaro: per realizzare la rete di invasi (tradotta dalla proposta Anbi nel «piano laghetti» composto da 10 mila micro invasi in tutta Italia, non si faccia conto sul Pnrr che ha come vincolo inderogabi­le la fine dei cantieri nel 2026. Per trovare i 450 milioni che servono al Veneto, come ha quantifica­to l’assessore regionale all’Agricoltur­a, Federico Caner, si dovranno attendere fondi nazionali o europei di altra natura. Il direttore di Anbi Veneto, Andrea Crestani stima in dieci anni il tempo necessario a trasformar­e il piano da 37 invasi articolato in 17 ex cave, 10 invasi di pianura e 10 sbarrament­i fluviali disseminat­i sul territorio regionale, in realtà. Un piano su cui, ha ricordato a più riprese Caner, servirà anche una spinta di semplifica­zione normativa visto che alcune cave sono da espropriar­e, altre da impermeabi­lizzare. In questo senso l’auspicio è che i poteri commissari­ali legati allo stato di emergenza vengano estesi anche all’avvio del grande piano per fronteggia­re i periodi di siccità che verranno. Nel frattempo il bilancio resta drammatico, dice Anbi, con tutti gli indicatori da allarme rosso. Si sono registrate fino all’80% di precipitaz­ioni in meno rispetto alla media del periodo, portate dei fiumi ai minimi con l’Adige al -58% (a Boara Pisani), Brenta a -60% (a Barziza), Bacchiglio­ne a -75% (a Montegalda) e Po -81% (a Lagoscuro). Le acque sotterrane­e sono ai minimi ovunque, le risorgive sono asciutte, i depositi di neve quasi esauriti con la prima quindicina di giugno che registra la sesta temperatur­a più calda dal 1990: +2,4° rispetto alla media del periodo 1991-2000. «Bene lo stato di emergenza ma non possiamo vivere nell’emergenza, serve progettual­ità e programmaz­ione. I Consorzi di bonifica hanno pronti i progetti della rete di invasi e sono venuti a Roma, per consegnarl­i alle istituzion­i»chiude il presidente di Anbi Veneto Francesco Cazzaro.

La Regione attende il decreto sullo stato d’emergenza e la nomina dei commissari

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