Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Il Veneto dice addio a 142 navigator «Niente proroghe, servono a poco»
Reddito di cittadinanza, la Regione non rinnova i contratti. Metà degli interessati si ricolloca
VENEZIA Che fine hanno fatto i navigator veneti? Dei 142 iniziali, circa la metà è tornata a casa, spesso in regioni del Sud. Il loro contratto con Anpal (Agenzia nazionale delle politiche attive del lavoro) e quindi con il ministero del Lavoro è scaduto il 30 maggio scorso. E tutti gli altri? In 75 sono rimasti in regione con un contratto di lavoro in mano. Per la precisione, una cinquantina hanno messo a frutto la loro permanenza nei centri per l’impiego trovando un’occupazione nel privato e ben 25 hanno partecipato a concorsi proprio dei centri per l’impiego vincendoli e restando da titolari di contratto conquistato sul campo.
Non era scontato. Perché la vicenda dei navigator nata male e finita peggio è un «pasticciaccio brutto all’italiana» secondo l’assessore regionale al Lavoro e alla Formazione, Elena Donazzan, fiera oppositrice della prima ora e del reddito di cittadinanza e dei suoi «figli» battezzati con l’infelice nome di navigator. Facciamo un passo indietro. A fine 2019 si vara il reddito, misura sventolata come bandiera vittoriosa dal Movimento 5 Stelle. Un reddito «statale» con il vincolo di una proposta di lavoro da accettare. Pochi mesi dopo, la pandemia e lo stop, durato due anni, al vincolo sul lavoro da accettare. Il M5s premeva per la stabilizzazione di queste figure ma si è lasciata libertà di scelta alle regioni per una proroga di soli tre mesi, soldi per la stabilizzazione, dice il mistero del Lavoro, non ce ne sono. Il Veneto, insieme ad altre Regioni come ad
Impiego
I centri per l’impiego, in Veneto, hanno trovato lavoro a uno su due fra quanti hanno chiesto aiuto esempio Umbria e Piemonte, ha detto «no» senza pensarci due volte. Figuriamoci – sbotta Donazzan – a che pro allungare a questi contratti i contratti destinati comunque a scadere? Lo dico dal giorno zero: per me, referente regionale delle politiche attive del lavoro, un disoccupato è un disoccupato. Il mio compito è trovargli lavoro tarando il tutto sulle competenze, il titolo di studio e così via. Il mio compito è che ci sia una misura universale di accompagnamento al lavoro. Il reddito di cittadinanza dice altro. In realtà, complice la pandemia e la sospensione all’aggancio del reddito alle offerte di lavoro, in questi anni ben poco hanno fatto su questo fronte ma molti hanno scelto la via del mercato privato e 25 quella dei concorsi per rimanere in forze ai nostri centri per l’impiego. Per altro, proprio in queste ore, è in uscita un bando per altre 200 assunzioni. Noi il personale lo dimensioniamo sulle esigenze reali, in questo caso con i piani di potenziamento che discendono dalle indicazioni europee, ma rifiuto l’idea di lasciare in eredità un organico elefantiaco, non avrebbe senso. Motivo per cui ritengo sbagliato aver illuso i navigator con una stabilizzazione attraverso una corsia preferenziale».
Intanto, giusto ieri, Donazzan, insieme al direttore di Veneto Lavoro, Tiziano Barone, sono stati in audizione in sesta commissione a palazzo Ferro Fini. Dal bilancio sulle politiche del lavoro emerge un’istantanea confortante: il Veneto registra un tasso di disoccupazione giovanile inferiore alla media nazionale, un indice di abbandono scolastico pari ai livelli europei (10,5%) e inferiore di tre punti alla media nazionale, una percentuale di giovani under 29 che non studiano e non lavorano (Neet, Not in education, employment or training, cioè la quota di giovani che non è né occupata, né inserita in un percorso di formazione) del 14,7%.
In numeri assoluti, delle 125 mila persone prese in carico nel 2021 dai centri per l’impiego il 56% ha trovato lavoro contrattualizzato. La vicepresidente della commissione, Elena Ostanel (Veneto che vogliamo) ha chiesto all’assessore «Cosa fa la Regione per contrastare l’esodo di cervelli? Quante persone qualificate rimangono in Veneto? Quale continuità verrà data ai progetti sperimentali di imprese innovative?». Cui si sono aggiunte le osservazioni della Vanessa Camani, referente regionale del Pd per il Lavoro sulla «preponderante precarietà dei nuovi contratti di lavoro siglati post pandemia, sulla questione salariale e sui tirocini extracurricolari sottopagati e senza tutela».
● Il Reddito di cittadinanza è stato introdotto su forte spinta del M5s prima della pandemia
● Di fatto, proprio per l’emergenza sanitaria, l’obbigo di accettare un lavoro per non perdere il reddito non è mai scattato
● Il 30 maggio scorso sono scaduti i contratti dei navigator assunti dal ministero proprio per trovare lavoro a chi percepiva il reddito