Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Baretta: «Più selettivi e flessibili in uscita Il lavoro sia al centro del nuovo Patto sociale»
VENEZIA «In tutti i momenti critici della nostra storia, ricorre il tema della definizione di un nuovo Patto sociale. Ebbene, la questione del lavoro è il fulcro del Patto sociale che andrà stipulato per superare la pandemia».
Pier Paolo Baretta, veneziano, più volte al governo con deleghe economiche e per due legislature deputato del Pd, dopo una vita intera nel sindacato Cisl, il 1. Maggio del 2021 lo legge con questa chiave: «Ci attende un ciclo molto forte di ristrutturazioni aziendali, tra chi sarà costretto a chiudere e chi, invece, progetterà un nuovo rilancio. Tutto questo provocherà delle conseguenze sul piano sociale, poiché le diseguaglianze sono inevitabilmente destinate ad aumentare. Per questo insisto sul fatto che il lavoro dovrà essere al centro dell’azione».
Quale dovrebbe essere lo schema di gioco?
«Stiamo entrando in una nuova fase, in cui bisogna essere pronti alla ripartenza, passando da un approccio con cui si sono giustamente privilegiate le forme di tutela (cassa integrazione e blocco dei licenziamenti, ndr) a un altro, che preveda un rilancio della dinamica del lavoro e del relativo mercato».
Con il 30 giugno dovrebbe terminare il divieto di licenziamento: come va affrontato un passaggio così delicato?
«Collegandolo a una riforma degli ammortizzatori sociali e operando una valutazione approfondita di quanto è accaduto negli ultimi 15 mesi: non possiamo prescindere dal fatto che, in questo tempo, sono cambiati i mestieri, le professioni e che la spinta delle tecnologie ha modificato radicalmente anche il modo di lavorare, introducendo una pratica come lo smart working che è destinata a rimanere a lungo. Quanto alla fine del blocco dei licenziamenti, io resto convinto che la cosa migliore da fare sia quella di non agire in maniera indiscriminata e generalizzata, bensì introducendo criteri selettivi, settore per settore, poiché mai come oggi il lavoro non è tutto uguale».
A fine anno scadrà Quota 100: non sarà il caso di inserire in agenda anche il tema del «fine lavoro»?
«Senza dubbio, sì. Dentro il nuovo Patto sociale ci dovrà essere anche un capitolo dedicato alla costruzione di una forte flessibilità in uscita dal lavoro, modulata sulle diverse esigenze dei singoli casi»
Si pone anche un tema generazionale, quindi?
«Mi sembra evidente che le future politiche del lavoro dovranno distinguere tra le diverse generazioni. Lo dico soprattutto perché si presenta un rischio concreto, quello che le fasce sopra i 50-55 anni si ritrovino particolarmente indebolite davanti ai mutamenti in corso».
Tornando agli ammortizzatori sociali, come potrebbero essere rivisti?
«Io non abbandonerei lo strumento della cassa integrazione, che si è rivelato essenziale, però proverei a mettere in collegamento più stretto le situazioni di difficoltà occupazionale con i nuovi lavori e le opportunità che si presenteranno. Questo significa fare autentica formazione, non astratta ma finalizzata all’obiettivo».
Nel Veneto, che prima della pandemia era la prima regione turistica d’Italia, questo comparto è particolarmente in difficoltà: come si potrebbe intervenire?
«Credo ci sia soltanto un modo: i flussi di visitatori, per qualche anno, non torneranno quelli di prima, perciò bisogna sforzarsi di presentare un’offerta turistica di maggiore qualità, da Venezia alle spiagge».