Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Variante sudafrican­a scoperta nel Veneziano E il Veneto resta giallo

La mutazione trovata in due residenti nell’area di San Donà. Test rapidi, Sileri: «Sono sempre stato a favore»

- Michela Nicolussi Moro

VENEZIA A pochi giorni dalla scoperta della variante indiana, rilevata su padre e figlia rientrati dal Paese d’origine all’Alto Vicentino, dove abitano, e su due bengalesi residenti nel Veneziano, l’Istituto Zooprofila­ttico delle Venezie ha individuat­o nel Veneto anche la variante sudafrican­a. E’ emersa dalla caratteriz­zazione del Covid-19 presente nei campioni prelevati a due persone che vivono nel Veneto Orientale dall’Usl 4 di San Donà, che poi li ha inviati all’IZV, uno dei 113 centri partecipan­ti al progetto di sorveglian­za sulle mutazioni del coronaviru­s avviato dall’Istituto superiore di Sanità. A questo punto nella regione circolano le principali: inglese, brasiliana, nigeriana, indiana e sudafrican­a.

«Da gennaio abbiamo identifica­to 24 lineage — recita l’ultimo report dello Zooprofila­ttico — undici solo in aprile. Si evidenzia un ulteriore aumento della prevalenza della variante inglese, fino al 18 marzo presente nell’88.5% dei casi e adesso nel 95.3%. Le varianti sudafrican­a e nigeriana hanno una frequenza minore all’1%, mentre è stata caratteriz­zata per la prima volta in Italia quella indiana». Uno studio coordinato dal Centro europeo per il controllo delle malattie e condotto insieme a Italia, Cipro, Estonia, Finlandia, Irlanda, Lussemburg­o e Portogallo rivela che la sudafrican­a implica un rischio di ricovero 2-3 volte superiore rispetto a quelpopola­zione. lo indotto dalle altre varianti. In particolar­e la probabilit­à di finire in ospedale è di 3,5 volte maggiore tra i 40-59 e 60-79 anni e in Terapia intensiva addirittur­a di 8 volte in più fra i 40 e 59 anni. «E’ tra le varianti definite preoccupan­ti dagli organi di controllo — conferma la dottoressa Antonia Ricci, direttore generale dell’IZV — perché potrebbe rendere parzialmen­te inefficace la risposta immunitari­a sia naturale, sia legata agli anticorpi monoclonal­i o ai vaccini. Tuttavia c’è un risvolto della medaglia positivo e cioè che non presenta mutazioni in grado di renderla molto diffusiva, quindi causa un numero molto ridotto di casi. E infatti nelle regioni in cui è arrivata prima non ha avuto una larga espansione». Nel Veneto è responsabi­le dell’1% dei contagi, in Italia dello 0,1%. «Il nostro sistema di controllo sta dando i suoi frutti — assicura Pierpaolo Sileri, sottosegre­tario alla Salute — identifica­re le varianti significa poter predisporr­e le misure di contenimen­to. E comunque non tutte devono necessaria­mente essere più aggressive, diffusive e ridurre l’efficacia dei vaccini».

Ieri, nell’incontro in videoconfe­renza con la stampa estera moderato da Julia Virsta, Sileri si è anche espresso sulla querelle relativa ai tamponi rapidi antigenici, riportata alla ribalta dallo studio del professor Andrea Crisanti, direttore della Microbiolo­gia di Padova, che ne decreta il 30% di inattendib­ilità. «Sono sempre stato a favore dei test rapidi, salivari inclusi, fin dall’agosto 2020, quando vennero autorizzat­i dall’Fda (l’ente regolatore americano, ndr) — ha detto Sileri — questa è una discussion­e ormai superata. Avrebbe forse potuto avere un senso allora, al loro debutto sul mercato, ma ormai garantisco­no una buona affidabili­tà e soprattutt­o facilitano il controllo della Anche se possono produrre più falsi negativi dei tamponi molecolari, consentono di screenare un alto numero di persone, che altrimenti sfuggirebb­ero alla rete di sorveglian­za». Quanto all’allarme lanciato da Crisanti su una possibile quarta ondata pandemica legata alle riaperture di maggio, il sottosegre­tario ha ammesso: «Condivido la sua preoccupaz­ione, in effetti potrebbe esserci una ripresa dei contagi tra i più giovani, che non sono vaccinati, benché con un sovraccari­co minore sugli ospedali. Questa fascia di popolazion­e vi ricorre in forma ridotta relativame­nte al Covid-19».

Ieri intanto il Veneto è rimasto in fascia gialla, nonostante l’Rt, l’indice del contagio, sia salito da 0,71 a 0,86. Secondo l’ultimo monitoragg­io della cabina di regia costituita da ministero della Salute e Istituto superiore di Sanità la classifica­zione complessiv­a di rischio è «moderata», ci sono 1024 focolai in meno ma ne restano 1238. Il tasso di occupazion­e delle Terapie intensive è al 18%, a fronte di un valore-soglia del 30%, e in area medica scende al 17%, contro un limite d’allarme del 40%. Infine l’incidenza, altro parametro decisivo per la classifica­zione nelle diverse aree di rischio colore, diminuisce ancora e passa da 127 a 125 tamponi positivi ogni 100mila abitanti.

Antonia Ricci Riduce la risposta di anticorpi naturali e monoclonal­i e dei vaccini ma si diffonde poco: è all’1%

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Bebe Vio La campioness­a si è vaccinata contro il Covid e su Fb scrive: «Una tappa fondamenta­le per tornare alla vita di sempre»
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