Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Variante sudafricana scoperta nel Veneziano E il Veneto resta giallo
La mutazione trovata in due residenti nell’area di San Donà. Test rapidi, Sileri: «Sono sempre stato a favore»
VENEZIA A pochi giorni dalla scoperta della variante indiana, rilevata su padre e figlia rientrati dal Paese d’origine all’Alto Vicentino, dove abitano, e su due bengalesi residenti nel Veneziano, l’Istituto Zooprofilattico delle Venezie ha individuato nel Veneto anche la variante sudafricana. E’ emersa dalla caratterizzazione del Covid-19 presente nei campioni prelevati a due persone che vivono nel Veneto Orientale dall’Usl 4 di San Donà, che poi li ha inviati all’IZV, uno dei 113 centri partecipanti al progetto di sorveglianza sulle mutazioni del coronavirus avviato dall’Istituto superiore di Sanità. A questo punto nella regione circolano le principali: inglese, brasiliana, nigeriana, indiana e sudafricana.
«Da gennaio abbiamo identificato 24 lineage — recita l’ultimo report dello Zooprofilattico — undici solo in aprile. Si evidenzia un ulteriore aumento della prevalenza della variante inglese, fino al 18 marzo presente nell’88.5% dei casi e adesso nel 95.3%. Le varianti sudafricana e nigeriana hanno una frequenza minore all’1%, mentre è stata caratterizzata per la prima volta in Italia quella indiana». Uno studio coordinato dal Centro europeo per il controllo delle malattie e condotto insieme a Italia, Cipro, Estonia, Finlandia, Irlanda, Lussemburgo e Portogallo rivela che la sudafricana implica un rischio di ricovero 2-3 volte superiore rispetto a quelpopolazione. lo indotto dalle altre varianti. In particolare la probabilità di finire in ospedale è di 3,5 volte maggiore tra i 40-59 e 60-79 anni e in Terapia intensiva addirittura di 8 volte in più fra i 40 e 59 anni. «E’ tra le varianti definite preoccupanti dagli organi di controllo — conferma la dottoressa Antonia Ricci, direttore generale dell’IZV — perché potrebbe rendere parzialmente inefficace la risposta immunitaria sia naturale, sia legata agli anticorpi monoclonali o ai vaccini. Tuttavia c’è un risvolto della medaglia positivo e cioè che non presenta mutazioni in grado di renderla molto diffusiva, quindi causa un numero molto ridotto di casi. E infatti nelle regioni in cui è arrivata prima non ha avuto una larga espansione». Nel Veneto è responsabile dell’1% dei contagi, in Italia dello 0,1%. «Il nostro sistema di controllo sta dando i suoi frutti — assicura Pierpaolo Sileri, sottosegretario alla Salute — identificare le varianti significa poter predisporre le misure di contenimento. E comunque non tutte devono necessariamente essere più aggressive, diffusive e ridurre l’efficacia dei vaccini».
Ieri, nell’incontro in videoconferenza con la stampa estera moderato da Julia Virsta, Sileri si è anche espresso sulla querelle relativa ai tamponi rapidi antigenici, riportata alla ribalta dallo studio del professor Andrea Crisanti, direttore della Microbiologia di Padova, che ne decreta il 30% di inattendibilità. «Sono sempre stato a favore dei test rapidi, salivari inclusi, fin dall’agosto 2020, quando vennero autorizzati dall’Fda (l’ente regolatore americano, ndr) — ha detto Sileri — questa è una discussione ormai superata. Avrebbe forse potuto avere un senso allora, al loro debutto sul mercato, ma ormai garantiscono una buona affidabilità e soprattutto facilitano il controllo della Anche se possono produrre più falsi negativi dei tamponi molecolari, consentono di screenare un alto numero di persone, che altrimenti sfuggirebbero alla rete di sorveglianza». Quanto all’allarme lanciato da Crisanti su una possibile quarta ondata pandemica legata alle riaperture di maggio, il sottosegretario ha ammesso: «Condivido la sua preoccupazione, in effetti potrebbe esserci una ripresa dei contagi tra i più giovani, che non sono vaccinati, benché con un sovraccarico minore sugli ospedali. Questa fascia di popolazione vi ricorre in forma ridotta relativamente al Covid-19».
Ieri intanto il Veneto è rimasto in fascia gialla, nonostante l’Rt, l’indice del contagio, sia salito da 0,71 a 0,86. Secondo l’ultimo monitoraggio della cabina di regia costituita da ministero della Salute e Istituto superiore di Sanità la classificazione complessiva di rischio è «moderata», ci sono 1024 focolai in meno ma ne restano 1238. Il tasso di occupazione delle Terapie intensive è al 18%, a fronte di un valore-soglia del 30%, e in area medica scende al 17%, contro un limite d’allarme del 40%. Infine l’incidenza, altro parametro decisivo per la classificazione nelle diverse aree di rischio colore, diminuisce ancora e passa da 127 a 125 tamponi positivi ogni 100mila abitanti.
Antonia Ricci Riduce la risposta di anticorpi naturali e monoclonali e dei vaccini ma si diffonde poco: è all’1%