Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Il volto simbolo della protesta: «Continuo per i dipendenti»
TREVISO «Il problema è quando, dopo cinquant’anni di lavoro, ti accorgi che non sei più tu a guidare la nave, perché a indicare la rotta ora c’è qualcuno che non ha mai fatto il tuo mestiere e che forse non ha la più pallida idea di cosa significhi fare impresa».
Giuseppe «Beppo» Tonon ha 70 anni, un passato da migrante in Germania e una vita investita per realizzare un sogno chiamato «Ca’ Lozzio», il suo locale a Oderzo, nel Trevigiano. Lì si festeggiano matrimoni ed eventi. «Questo finesettimana avevamo in programma la festa di compleanno di Renato Casaro, il grande illustratore, autore delle più famose locandine del cinema italiano», racconta. «Era tutto pronto, avrebbero suonato perfino alcuni elementi dell’orchestra di
Ennio Morricone. Tutto annullato, ovviamente». Ma al Ca’ Lozzio si viene soprattutto per gustare il gelato. «Mica quello d’asporto, il mio è un prodotto “da meditazione”: ci si siede, si chiacchiera, e intanto si degusta» dice con gli occhi che gli brillano. È orgoglioso del suo passato: la prestigiosa Coppa d’Autore alla fiera di Longarone («Ha presente la tecnica di scolpire la frutta, utilizzata per guarnire il gelato? Oggi lo fanno in tanti ma la inventai io, alla fine degli anni Ottanta»), le ospitate televisive, i programmi di Milly Carlucci. «Fu lei a invitarmi a preparare i banchetti per gli ospiti dell’ultima edizione del “Pavarotti and Friends”. Il Vaticano mi chiamava a collaborare agli eventi a Santa Marta. Era l’epoca di Papa Ratzinger...».
Curriculum a parte, ora Tonon è tornato alla ribalta perché sua figlia Elena ha pubblicato sui social una foto diventata virale: lo si vede affranto, la mascherina che gli penzola da un orecchio. «È immobile, il Beppo – ha scritto Elena su Facebook - pensieroso dopo aver scoperto che forse dobbiamo chiudere la nostra attività alle ore 18 e non dobbiamo neanche aprire alla domenica». Non si aspettava certo che il volto di suo padre sarebbe diventato il simbolo della delusione con la quale moltissimi ristoratori hanno accolto il nuovo Dpcm. «Spero che almeno, guardando l’immagine, qualcuno a Roma si fermi a riflettere sulle conseguenze dei nuovi limiti», spiega Elena.
Papà «Beppo» annuisce: «Sabato pomeriggio cominciavano ad arrivare le prime indiscrezioni sul nuovo decreto. Mi sono guardato intorno: il volto preoccupato dei miei figli, una delle mie cameriere piangeva perché temeva di perdere il lavoro. È in quel momento che mi sono lasciato cadere sulla sedia, sfilandomi la mascherina. Neppure mi sono accorto che mia figlia stava scattando la foto».
Ora Tonon riflette ad alta voce, seduto su quella stessa sedia. «E pensare che dopo il lockdown gli affari della gelateria erano perfino aumentati: tutti venivano qui perché si sentivano al sicuro, il distanziamento era garantito. Ho lavorato tutta la vita per creare Ca’ Lozzio. Ma ora è inutile». Eppure non molla: «Proverò ad andare avanti, vedremo come adattarci a questi tempi bui. Qui lavorano quindici persone, tra collaboratori e dipendenti, devo farlo anche per loro. Ma spero che il governo faccia un passo indietro e capisca che ogni attività ha dinamiche diverse: mettere a tutti gli stessi paletti, significa condannare a morte moltissime imprese».