Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Covid, più asintomatici Via libera al test rapido
Altri 146 contagi. Esplode a 184 casi il focolaio dell’Aia, infetti i parenti dei dipendenti. Tamponi all’Electrolux
VENEZIA Ieri il Covid-19 ha colpito altre 146 persone, 84 solo nella provincia di Treviso. Ma in dieci giorni i sintomatici sono passati dal 7% del totale contagiati all’attuale 3,9%. Validato il test rapido. Nuovo ceppo meno letale.
VENEZIA Giornata difficile anche quella di ieri, per il Veneto: il Covid-19 ha colpito altre 146 persone, 84 solo nella provincia di Treviso, dove l’Usl l’ha riscontrato in 38 parenti dei dipendenti dell’Aia di Vazzola. Focolaio giunto a 184 lavoratori contagiati. Diversi vivono insieme a impiegati dell’Electrolux di Susegana, già in isolamento domiciliare e a breve sottoposti a tampone. Dall’inizio dell’emergenza la regione conta 22.134 infetti e 2107 decessi, tre più di domenica. Salgono ancora anche i ricoveri in Malattie Infettive e Pneumologia (+5), così come le Terapie intensive segnano un degente in più. «Registriamo 2.048 casi di coronavirus e 6.500 soggetti in isolamento, dei quali 81 sintomatici — spiega il governatore Luca Zaia — e quindi gli ospedali non sono pieni. Stiamo assistendo a un fenomeno strano: in dieci giorni i sintomatici sono passati dal 7% al 3,9% del totale. Insomma il virus dà positività ma pochi sintomatici».
Lo conferma il dottor Roberto Rigoli, direttore della Microbiologia di Treviso e coordinatore dei 14 laboratori del Veneto: «Il virus circola ma non provoca casi clinicamente impegnativi. Inoltre, a differenza di quanto avevamo osservato a inizio giugno, ora i pazienti privi di sintomi, alcuni dei quali con alta carica virale, non sono più solo giovani, ma anche anziani di 96, 90 e 88 anni, testati nelle case di riposo. La comunità scientifica deve trovare una risposta a questo nuovo aspetto della pandemia».
E la risposta potrebbe arrivare dal nuovo ceppo del Covid-19 già individuato in Svezia e in Brasile da un’équipe internazionale, che ne ha notato una minore letalità. Motivo? Ha «perso un pezzo», cioè la proteina Nsp1, implicata nella patogenesi del coronavirus. Per capire se ciò stia accadendo anche nel Veneto, sono stati mandati all’Istituto Zooprofilattico di Legnaro i campioni di tre pazienti infettati a giugno e dieci contagiati in luglio diagnosticati tra i migranti ospitati nella caserma Serena di Casier per capire se, isolandone il genoma, il ceppo del virus sia uguale in tutti i tredici soggetti o si differenzi in due versioni. Si attendono i risultati a giorni e intanto la stessa procedura verrà seguita per tutti i focolai clinicamente significativi.
La buona notizia è che un numero sempre maggiore di veneti potrà essere controllato. L’Istituto nazionale Malattie infettive «Spallanzani» di Roma ha infatti validato, su richiesta del ministero della Salute e della Regione, i test rapidi antigenici (tampone solo nel naso) che si stanno effettuando negli aeroporti Catullo di Verona, Marco Polo di Venezia (i primi a partire) e negli scali di Fiumicino e Ciampino sui passeggeri in arrivo da Croazia, Malta, Spagna e Grecia e dopo la compilazione di apposito modulo, oltre che negli ospedali pubblici e drive-in del Veneto. La conferma è arrivata in una nota congiunta a firma della responsabile del laboratorio di Microbiologia e Virologia dello Spallanzani, Maria Rosaria Capobianchi, e dello stesso Rigoli. Che ammette: «Sono molto soddisfatto, la validazione certifica l’affidabilità della ricerca dell’antigene (un pezzo di virus, ndr), per arrivare alla diagnosi di positività, che è alla base di questa metodica. Marchiata CE e quindi già autorizzata in tutto il mondo, ma come molte altre da noi studiata per verificare se davvero rispondente alle performance indicate nel bugiardino. Ci siamo accorti che se analizziamo subito il tampone effettuato sul paziente il risultato è affidabile, ma se congeliamo il campione e lo esaminiamo dopo 72 ore, o anche solo 24, diminuisce la sensibilità e perdiamo un positivo su due. E i colleghi di Roma hanno confermato. Processare subito il tampone — aggiunge Rigoli — ci consente poi di avere l’esito in 1015 minuti e quindi di isolare immediatamente il soggetto positivo al Covid-19, da sottoporre al tampone tradizionale per conferma, o evitare l’isolamento alla persona non contagiata». Nell’ultimo mese sono stati effettuati più di 5mila di questi test, anche nella versione di ultima generazione in fluorescenza, tutti con ottimi risultati.
La validazione dello Spallanzani permetterà inoltre di organizzare lo screening su larga scala e non più solo su gruppi target di popolazione, a costi contenuti e con una risposta quasi immediata. «Il via libera dell’Istituto nazionale per le Malattie infettive rappresenta la svolta, un aiuto importante sul fronte dello screening di massa — conferma Zaia —. Era impensabile eseguire solo i tamponi molecolari classici, perché hanno tempi di processazione impegnativi (circa 3 ore e mezza, ndr). Lo diciamo dall’alto dell’esperienza di 1.453.684 tamponi eseguiti finora nella nostra regione. Quando siamo partiti c’era a disposizione solo il test coreano, oggi si trovano sul mercato una decina di aziende che producono questo kit rapido di ricerca dell’antigene».
L’altra novità di giornata è stato l’inizio dello screening sul personale scolastico docente e non docente: in tutto 96mila persone. Tra Padova, Venezia, Verona, Belluno e Rovigo ha aderito circa il 65% dei 3200 medici di famiglia (2800 dei quali rappresentati dalla Fimmg) chiamati dalla Regione a eseguire il test sierologico rapido, delegato alle Usl per la restante proporzione. Molto bassa, causa il «no» dei sindacati Snami e Smi, l’adesione a Treviso e Vicenza. A Padova, in coda con il muso lungo i primi 600 operatori sui 18mila chiamati al test volontario: «Vista la recrudescenza dei contagi, torneremo a fare lezione a distanza, faticosa e poco efficace. Se già in classe i ragazzi non stanno attenti figuriamoci a casa, davanti al computer e con mille distrazioni».