Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
I VECCHI NON SI ROTTAMANO
Dopo l’autogol agostano di Salvini ecco pronto quello autunnale di Grillo, che propone di togliere ai vecchi, quindi anche a sé stesso, il diritto di voto (perché non hanno futuro). È una proposta sbagliata, anche se il tema è sociologicamente forte, perché i paesi occidentali, fra cui il nostro, stanno invecchiando in modo travolgente, senza che le nascite aumentino a loro volta. Ma quest’ultima è un’altra storia, da affrontare a parte. È anche un tema scomodo: nessuno vorrebbe invecchiare, tutti sanno che la vecchiaia è l’anticamera della morte, e ognuno vorrebbe essere immortale. Fra l’altro, come diceva la saggezza antica, «senectus ipsa morbus» (la vecchiaia è in sé una malattia). Arrivati in tarda età muoiono i coetanei, i compagni della vita, spesso capita di restare soli, perché senza fratelli, figli o con parenti lontani. Anche se non siamo gravemente malati, soffriamo di molteplici acciacchi, temiamo come bestie feroci le malattie degenerative, e a volte, guardando le foto del passato, quasi non riconosciamo il nostro aspetto, mentre per gli altri diventiamo trasparenti o simili a bambini: pazienti a cui in ospedale ci si permette di dare del tu, per esempio. Però la quarta età (ma quando comicia?), quella che è anche carinamente definita «diversa giovinezza», può essere, a certe condizioni, un’età confortante. Non solo se si è nonni, cioè una manna per i nipotini e un supporto anche economico per i loro genitori, e se si è amati e rispettati (non dico onorati, al giorno d’oggi sarebbe troppo).
Ma perché la vecchiaia può essere ancora una stagione vitale e perfino creativa, come provano alcuni grandi geni del passato, da Michelangelo a Leonardo. E oggi ne è un esempio lo scrittore sloveno Pahor, che di anni ne ha 105, mentre intellettuali ultranovantenni come Scalfari, Valli, La Capria, non hanno smesso di pensare, scrivere, studiare. Ma tralasciando le eccezioni, stanno meglio coloro che si mantengono attivi nel corpo e nella mente. Fino a cent’anni e oltre? Non è impossibile. Se l’Italia è il secondo paese al mondo, dopo il Giappone, per numero di longevi e centenari, e la Sardegna, in alcune zone interne, è la regione più longeva d’Italia, anche nel Veneto non mancano i matusalemme, che possono vivere una vita accettabile in attesa di una morte che «li colga da vivi». Sono coloro che leggono, vedono film, ascoltano musica, si muovono, a volte fanno sport. Che allenano la mente, che coltivano una qualche vita sociale. Però è interessante capire come mai questo privilegio non è di tutti e nemmeno di molti. Secondo il compianto professor Veronesi ha certo un peso il Dna, così come l’alimentazione, gli stili di vita, la zona in cui si vive, là dove l’aria è meno inquinata e la configurazione del suolo impone il movimento, come la collina e la montagna. Ma contano anche il supporto dei familiari, il coltivare interessi e passioni, lo sforzo di non perdere gli stimoli, senza rincorrere i falsi miti dell’eterna giovinezza. A quanto pare, nell’arcipelago giapponese di Okinawa è sconosciuta la depressione, la famiglia aiuta e così la spiritualità, come la dieta povera a base di vegetali, pesce, alghe, l’assenza o quasi di fumo. E in modo simile si vive (viveva?) nel cuore della Sardegna, dove il cibo dei pastori era pane, pecorino e vino: rigorosamente sardo. Quanto al voto, è un diritto che non si deve togliere agli anziani, come propone (l’anziano) Grillo, non solo perché è incostituzionale, ma anche perché, se non possono lottare per se stessi, possono farlo per i figli e i nipoti: la loro immortalità.