Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Ilva, 18 esuberi a Marghera Rientrano solo in cinquanta
MESTRE (Mo.Zi.) Diciotto esuberi a Marghera entro tre mesi: il piano di ArcelorMittal per i lavoratori dell’Ilva illustrato a Roma lascia in cassa integrazione straordinaria il 26% della forza lavoro. Nello stabilimento di via dei Sali a Marghera l’accordo sull’Ilva è stato approvato col 63% di consensi (52 votanti su 68 dipendenti, 33 sì, 18 no e una scheda nulla), maggioranza largamente inferiore rispetto al 94% di Genova o Taranto. Ora che la strategia sugli esuberi è stata ufficializzata, c’è preoccupazione per i criteri con cui verranno selezionati i 50 lavoratori che da oggi al 15 dicembre saranno assunti e le modalità con cui verranno invece individuati i 18 che per i prossimi cinque anni saranno in Cassa integrazione straordinaria.
«Quando abbiamo votato l’accordo conoscevano già i numeri – spiega Diego Di Curti, rappresentate della Fim Cisl nella Rsu aziendale – Oggi che è operativo, abbiamo dubbi sulle professionalità e le mansioni che saranno mantenute. C’è grande incertezza sui criteri, per questo martedì mattina abbiamo inviato all’azienda una richiesta d’incontro a Marghera e attendiamo una convocazione affinché l’azienda ci spieghi come intende procedere. Una convocazione è stata richiesta anche dai sindacati nazionali al ministero dello Sviluppo Economico perché la questione dell’individuazione della mansioni si pone in tutta Italia». Oggi all’Ilva di Marghera lavorano 68 persone con l’età media di 44 anni; a gennaio del 2017 erano 80: in un anno e mezzo, due sono andati in pensione e 10 sono andati via con gli incentivi. Anche per i 18 che non rientrano nel piano di assunzioni di ArcelorMittal sono previsti incentivi: 100mila euro se ci si dimette entro i primi tre mesi, poi la cifra cala progressivamente fino a 15mila euro per chi decide di restare in cassa integrazione fino al 2023 in attesa di una possibile assunzione da parte della nuova proprietà. Gli altri 50 saranno licenziati ed assunti ex novo con l’istituto del distacco per i primi tre mesi. Preoccupazione anche per l’operatività dello stabilimento.