Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Mose, una pendenza di Mantovani blocca il patteggiamento di Baita
Mose, il gip non firma. Archiviate le accuse a Devis Rizzo
VENEZIA Tra quel patteggiamento a due anni che gli garantirebbe di non avere più problemi giudiziari e Piergiorgio Baita ci sono di mezzo 85 mila euro. Ovvero quelli che Mantovani, la società di costruzioni di cui Baita è stato il presidente, deve ancora finire di pagare al fisco per sanare le pendenze tributarie relative all’annualità 2010. E lo stesso problema ha anche Nicolò Buson, l’ex direttore finanziario dell’azienda.
Per questo ieri mattina il gip Gilberto Stigliano Messuti ha stoppato i patteggiamenti che avrebbero dovuto chiudere un altro pezzo importante dell’inchiesta Mose, culminata negli arresti di quattro anni fa per le tangenti sulla grande opera. E’ il filone dei cosiddetti «grandi accusatori», cioè coloro che dopo essere stati arrestati hanno aiutato i pm Stefano Ancilotto e Stefano Buccini a ricostruire il malaffare che durava da un decennio, con il pagamento di mazzette a politici e pubblici funzionari. Il capofila è appunto Baita, uno dei perni del sistema insieme a Giovanni Mazzacurati che era a capo del Consorzio Venezia Nuova e non è processabile perché incapace: nel capo d’imputazione di questo processo gli sono contestati 8 episodi di corruzione, 8 frodi fiscali (necessarie per racimolare il nero per le mazzette) e 3 finanziamenti illeciti di campagne elettorali. Ma poi ci sono anche Buson, appunto, Claudia Minutillo, ex segretaria del governatore del Veneto Giancarlo Galan e ad di Adria Infrastrutture, l’ex referente del Coveco (le coop rosse venete) Pio Savioli e il faccendiere Mirco Voltazza.
Anche Minutillo, con il suo avvocato Carlo Augenti, ha chiuso l’accordo con la procura a due anni di carcere, mentre Buson (avvocato Fulvia Fois), Savioli (avvocato Massimo Benozzati) e Voltazza (avvocato Marianna de’ Giudici) puntano a patteggiare un anno e 8 mesi. Pene su cui già alcune parti civili hanno storto il naso per la loro esiguità, ma che la procura ha sempre difeso – come peraltro già nel 2014 – puntando sull’economia processuale e spiegando che sono adeguate se si pensa che a Venezia la pena massima è stata di 2 anni e 10 mesi (Galan) in abbreviato e 4 anni (l’ex ministro Altero Matteoli) al dibattimento, cioè senza lo sconto di un terzo della pena.
Ieri la discussione si è però subito arenata sul debito erariale di Mantovani. Una legge del 2011 prevede che i reati fiscali si possano patteggiare solo dopo aver risarcito il fisco. La società sta pagando a rate, ma ne mancano ancora quattro per il 2010, per un totale di appunto 85 mila euro. L’avvocato di Baita, Alessandro Rampinelli, aveva cercato di sostenere che il debito fosse già stato pagato grazie ad altri piani di ammortamento in corso, ma il gip ha detto no. A questo punto si è deciso di rinviare l’udienza al 17 gennaio e nel frattempo i legali cercheranno di convincere Mantovani ad anticipare il piano di pagamenti, che altrimenti finirebbe a settembre dell’anno prossimo. In caso contrario sarà probabilmente sollevata una questione di legittimità costituzionale per una norma che vincola il patteggiamento di un imputato a decisioni da lui indipendenti. Se la situazione non sarà risolta il patteggiamento rischia di essere rigettato. Qualcuno aveva ipotizzato che Baita potesse saldare il debito, ma Rampinelli replica stizzito: «L’ingegner Baita non ha un centesimo».
Nel frattempo il gip Roberta Marchiori ha archiviato l’accusa di frode fiscale nei confronti di Devis Rizzo, l’attuale presidente di Kostruttiva, che è succeduta al Coveco. Rizzo era finito con altri in quel filone cosiddetto «Mose 6», in cui il pm Ancilotto ipotizzava delle false fatture per fare la «cresta» sui cassoni di Chioggia. Il manager era accusato di aver firmato alcune delle dichiarazioni dei redditi incriminate, ma ha dimostrato che ha solo sottoscritto operazioni già fatte, mentre si era dissociato dal malaffare. Questioni che hanno convinto sia il pm che il giudice.