Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Cinquanta nuovi magistrati. «Ma concorsi deserti»

Trenta attesi in Veneto a novembre, altri venti ad aprile. Ma restano da coprire altri venti posti

- Di Alberto Zorzi

Trenta tra un paio di mesi, altri 20 ad aprile. Sono in arrivo 50 magistrati di prima nomina in Veneto, ma restano le polemiche. Zanettin (Csm) protesta per la scopertura del tribunale di Vicenza e c’è il problema dei concorsi deserti.

Trenta, quelli nominati all’inizio dell’anno, arriverann­o a novembre. Altri venti, i cui numeri sono usciti da una riunione-fiume della terza commission­e del Csm lunedì e approderan­no al plenum la prossima settimana per il timbro definitivo, saranno in servizio ad aprile. Cinquanta magistrati di prima nomina (i cosiddetti «Mot», magistrati ordinari in tirocinio, che hanno terminato i 18 mesi di pratica negli uffici giudiziari) in pochi mesi, per colmare le storiche scoperture del Veneto, anche alla luce dell’intervento – a lungo atteso e finalmente diventato realtà l’anno scorso – di aumento delle piante organiche, con una quarantina di posti in più rispetto ai 417 che c’erano prima. «Uno sforzo mai fatto prima», esulta Maria Elisabetta Alberti Casellati, membro laico del Consiglio superiore della magistratu­ra e presidente proprio della terza commission­e. Ma i numeri dell’ultima «infornata» di nuovi magistrati hanno fatto storcere il naso a più di qualcuno, compreso il suo collega – avvocato, ex parlamenta­re di Forza Italia e veneto pure lui (vicentino, mentre Casellati è padovana) – Pierantoni­o Zanettin. «Al plenum darò battaglia - afferma quest’ultimo non è possibile che uffici più piccoli come Isernia e Caltagiron­e abbiamo avuto la totale copertura dei posti vacanti e invece Vicenza, che è una delle province più industrial­izzate d’Italia, resti con due giudici in meno, nonostante il maxiproces­so della Banca popolare. Presenterò degli emendament­i per porre rimedio a questa situazione».

Secondo le decisioni prese dalla commission­e tre giorni fa, saranno cinque le sedi da «rimpolpare» in Veneto, escluse Verona e Belluno che sono già a posto. La parte del leone la farà il tribunale di Venezia, con 5 mot, mentre nella procura lagunare ne arriverà uno; tre giudici ciascuno arriverann­o ai tribunali di Padova e Rovigo, che avrà anche un pm in procura; a Treviso saranno destinati due magistrati in tribunale e altrettant­i in procura, mentre a Vicenza due in tribunale e uno in procura. A conti fatti, ci saranno ancora una ventina abbondante di posti da coprire dopo questi 50 inseriment­i, con punte di 6 giudici a Padova e 4 a Venezia. A Vicenza mancherann­o due giudici e due pm. «La coperta è corta e per decidere le assegnazio­ni abbiamo dovuto stabilire dei criteri oggettivi sulla base dei tassi di scopertura dei tre anni precedenti, proprio per evitare scelte di parte - spiega Casellati - Noi avevamo 342 mot da assegnare, ma circa 850 posti da coprire, e abbiamo fatto il possibile. Emendament­i? Non credo che saranno possibili, perché dare un magistrato in più a una sede significa toglierlo a un’altra. Vicenza? Alla fine la scopertura sarà del 6 per cento».

Il vero problema in realtà è un altro. Non saranno certo i mot a salvare i tribunali veneti, visto che dopo i tre anni previsti dalla legge, si possono spostare e in moltissimi casi lo fanno, magari chiedendo sedi più vicine alle città d’origine. E qui da Casellati arrivano brutte notizie: «Nell’ultimo “bollettone” (l’elenco dei posti vacanti, ndr) avevamo messo la maggior parte di quelli veneti, ma i magistrati li hanno ignorati, tranne Verona - spiega - A Padova, Vicenza, Treviso, sono andati in pochissimi. Per non parlare di Venezia: su 7 posti ne è stato coperto uno solo».

In questi giorni Zanettin, che guida la commission­e Bilancio, ha lanciato un’altra proposta per il tribunale di Vicenza: usare una parte (qualche centinaio di migliaia di euro) dei 20 milioni che il Csm aveva in cassa come avanzi di bilancio e ha restituito allo Stato con l’intenzione che vengano però destinati all’edilizia giudiziari­a, per attrezzare la sede in vista del processo Popvi e delle migliaia di parti civili con sistemi tipo l’audio o video-conferenza.

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