Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
«Atenei in mano a burocrati, meglio fare come in Usa»
Parla Santo Davide Ferrara, prof padovano ai vertici della medicina legale internazionale. «Qualcuno penserà che sono un barone, ma non è vero, le selezioni? non servono, i bravi prof vanno cooptati, come fanno le università anglosassoni».
Si fa presto a dire baroni. L’inchiesta della procura di Firenze sul mercato delle promozioni delle commissioni universitarie non ha fatto altro che riesumare un tema che è sempre stato il sottobosco della vita accademica, quello appunto dei baroni, i cui nomi sono sussurrati, invocati, tramandati e maledetti. Ma quasi mai denunciati. Volendo togliere l’accezione negativa al termine «barone» si potrebbe sostituirla con «potente».
Ecco, un professore potente può avviare brillanti carriere o decretarne il tracollo irreversibile. Santo Davide Ferrara, 69 anni, è un professore potente, aggettivo che non gli piace, preferisce definirsi come un docente di riferimento, ma che sia potente lo dimostrano i suoi incarichi sia ospedalieri che accademici. Ferrara è direttore del Dipartimento di Medicina legale, del lavoro, tossicologia e sanità pubblica; direttore della Scuola di specializzazione in Medicina Legale; ex preside della Scuola di medicina; presidente dell’International academy of legal medicine; vice presidente dell’European academy of legal medicine; innumerevoli volte consulente della procura di Padova e di molte altre procure d’Italia; presidente della Scuola di sanità pubblica della Regione Veneto per formare i dirigenti sanitari locali.
Amato, invidiato, spesso odiato, il professor Ferrara è stato al centro di ricorsi di altri medici, è uscito vincitore da inchieste giudiziarie su presunti falsi ideologici legati a relazioni su autopsie da lui eseguite. Ferrara ha inoltre superato momenti difficili collaborando alle indagini su uno dei gialli accaduti nell’istituto di medicina legale padovana in cui lavorava da dove, nel 2004, sparirono oltre 50 chili di droga stoccata in un magazzino. Una vicenda dai contorni dolorosi, visto che dopo la misteriosa sparizione (caso mai risolto dalla procura) si suicidò il custode dell’istituto. Oltre a questo Ferrara ha formato centinaia di medici, divenuti a loro volta luminari.
Professor Ferrara lei si definisce un «barone»?
«No, io non sono un barone, nessuno me lo ha mai detto in faccia, ma immagino che molti lo abbiano pensato».
Si definirebbe allora un uomo molto potente ?
«Non sono potente, sono un punto di riferimento nella mia disciplina, sono ai vertici della medicina legale mondiale, ho da poco rifiutato la presidenza dell’assemblea europea dei medici legali, e ho fatto nominare al mio posto un medico di Milano molto bravo».
A proposito di nomine, come giudica l’inchiesta della procura di Firenze?
«Gli elementi per dare un giudizio sono troppo pochi, trovo incredibile che una commissione possa decidere in pochi giorni chi favorire o chi sfavorire nelle nomine per le docenze, sono sbalordito dalle cose che ho letto».
Molti dicono che è stata scoperta l’acqua calda, che i baroni ci sono sempre stati.
«Bugie, i baroni non esistono, il baronaggio esisteva una volta, oggi non c’è più».
Il professor Umberto Curi sul Corriere del Veneto di ieri diceva che si dovrebbero abolire le selezioni, perché sono solo delle farse..
«Sono d’accordo anch’io, non perché siano delle farse, ma perché dovremmo avvicinarci al sistema anglosassone: a Oxford, a Cambridge, alla Johns Hopkins University c’è un comitato di professori universitari che valuta le migliori menti: le sceglie, le coopta, le chiama a lavorare per loro. Non c’è una selezione, sono le menti migliori che scelgono i migliori, dovrebbe essere così anche qui, questa è la vera garanzia per la ricerca, e invece siamo in mano a dei burocrati».
Non ritiene che le molte cariche che lei ricopre possano nascondere dei conflitti di interesse?
Qualcuno potrebbe dire che lei favorisce i suoi allievi..
«Non lo credo affatto, io ho girato l’Italia, sono stato ad Ancona, Parma, poi sono arrivato a Padova, ho formato molti giovani medici, alcuni se ne sono andati in giro per il mondo, altri sono voluti rimanere e sono diventati la mia squadra, dopo di me rimarrà quello che io ho insegnato, rimarranno i miei allievi».
Lei ha 69 anni, ha mai pensato di lasciare la professione, dedicarsi ad altro?
«Per ora no, è chiaro che ho trascurato la famiglia per il lavoro ma lo fanno tanti professionisti, ho ruoli importanti, ai vertici della medicina legale, che manterrò ancora».