Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Il porto off shore arriva al Cipe La prima nave pronta in un anno
Costa: «Autorizzazioni e investitori, c’è tutto. Venezia batta i pugni: il governo ce lo deve»
«Fermarlo? Il progetto è amministrativamente maturo, ha tutte le autorizzazioni, tutto il mondo ce lo sta copiando e ci sono pure gli investitori», dice il presidente del Porto Paolo Costa. Cosa tutt’altro che trascurabile tanto che il sindaco Luigi Brugnaro durante il seminario di ieri sul porto off shore si avvicina a Nang Xiaojun chief engineer di China Communication Constructions Company Groupi e rivolgendosi al pubblico esclama: «Dicono che non esistono, eccoli qui in carne e ossa». Se poi aggiungiamo che il ministero delle Infrastrutture ha mandato il progetto al Cipe per il via libera alla realizzazione della piattaforma a Marghera (i soldi già ci sono) e per l’autorizzazione a redigere progetto definitivo del terminal d’altura, è chiaro che il futuro presidente del Porto si troverà a gestire una macchina che procede quasi da sola. Anche perché la progettazione definitiva è già stata avviata con l’aggiudicazione del bando, da oltre 4 milioni di euro, al raggruppamento di imprese italo-cinese 4C3, costituito dalle società 3Ti Progetti Italia ed E-Ambiente, guidato dal quinto general contractor mondiale Ccccg, appunto, che vuole anche metterci i soldi per costruire e gestire il porto off shore. Di più: il prossimo anno sarà costruita la prima mama Vessel (finanziata al 50 per cento dall’Unione europea), la nave speciale che porterà i container dal terminal d’altura ai porti interni di Marghera, Chioggia, Porto Levante e Mantova. «Un’opera fattibile che consentirà di costruire una prospettiva di lavoro per le nuove generazioni — ha ribadito il sindaco — Un progetto di sviluppo economico e di pianificazione strategica non solo per Venezia, ma per l’intero Paese».
Rotterdam sta adottando un sistema simile, Kalifa a 50 chilometri da Abu Dhani lo sta copiando, così come la Guyana francese, e l’Agenzia nazionale americana per la sicurezza che vuole fare lo screening dei container in altura. Un modello che permette di intercettare le mega navi da 18 mila teu che oggi non possono raggiungere l’Italia perché non ci sono i porti in grado ospitarli. Il terminal d’altura consente il deconsolidamento in mare e il trasporto delle merci nei diversi scali: il progetto prevede 1 milione e 400 mila teu a Marghera nell’area Monte Syndial, 60 mila a Porto Levante, centomila a Mantova, e 150 mila a Chioggia. «Un modello di esercizio provato, economicamente conveniente e ambientalmente sostenibile», precisa Costa che sottolinea l’importanza geografica di Venezia «in questo momento il porto più accessibile del mercato europeo». Non a caso negli ultimi otto anni il traffico è più che raddoppiato (da 290 mila a 600 mila teu) nonostante il momento di recessione. E se Brugnaro chiede al governo di evitare ulteriori «tentennamenti» («Sono state finanziate grandi opere a Milano e a Napoli è arrivato il momento di valorizzare Venezia»), Costa ribadisce la necessità di rispettare gli accordi presi al momento del via libera al Mose: «Restituire al porto l’accessibilità nautica e garantire la salvaguardia della città, questo aspetto è andato perso con il tempo, ma la comunità veneziana non riesce a battere i pugni sul tavolo».