Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Van Gogh, eroe del colore
GRANDI MOSTRE A Padova dal 10 ottobre l’esposizione dedicata al maestro olandese, a cura di Goldin Dai disegni all’«Autoritratto» ai paesaggi e alle nature morte: quasi 100 opere provenienti dai maggiori musei
La fine di un mandato, il vedere fisico e lo sprofondamento interiore, i tratti di colore che si allargano per seguire il sentimento suscitato dalla visione della forza somma della natura. In quella pozzanghera blu si specchiano corvi che stanno volando via da un cielo gonfio di nuvole turbinose. Anch’esse si stanno spostando, è caduta pioggia sull’estate ad Auvers, il vento da est muove il cielo. E sotto quella cupola azzurra un covone che sembra una montagna, dolce e sacrale. In prossimità del lato destro, il luogo dove attualmente riposa, accanto all’amato fratello e al tempo stesso suo migliore amico Theo. Forse l’ultima tela di Vincent van Gogh (1853-1890), ancora una volta dipinge l’azzurro del cielo e il giallo del grano vicini in Covone sotto un cielo nuvoloso (1890), capolavoro con cui termina il percorso della mostra-evento «Van Gogh. I colori della vita», curata da Marco Goldin e allestita al Centro Altinate San Gaetano di Padova, dal 10 ottobre all’11 aprile 2021. «Non vivo per me, ma per la generazione che verrà» diceva un Van Gogh combattente, fedele alla sua missione, che nel disperato tentativo di vita e nell’apparente sconfitta consegna ed eterna per sempre quei colori assoluti. Una fine che coincide col principio. Lo vediamo il Vincent-eroe protagonista delle tre tele nella prima sala.
La sua figura esce dal buio, sotto il cappello giallo percepiamo il suo respiro affaticato e i fremiti del cuore, sulle sue spalle il peso della vita. È un viandante in cerca di nuove strade da indagare per saldare il debito che sente nei confronti del mondo. Ma i Van Gogh dei tre dipinti non sono autoritratti. Perché l’esposizione inizia con un riuscito azzardo di Goldin, che sceglie tre opere di Francis Bacon e una storia a far da incipit. L’artista novecentesco tra il 1956 e il 1957 realizza sei Studi per un ritratto di Van Gogh, scaturiti dall’immagine di un quadro del maestro olandese - Il pittore sulla strada di Tarascona (1888) - andato distrutto in un bombardamento nella Seconda guerra mondiale. Era la figura dello stesso pittore che, davanti ai campi di grano ad Arles, tornava dal lavoro quotidiano nel sole: «Bacon - marca il curatore trevigiano - ha dipinto Van Gogh come chi parte e non è mai partito. Chi viaggia ancora dopo avere a lungo viaggiato».
Promossa da Linea d’ombra e Comune di Padova, in collaborazione col Kröller-Müller Museum di Otterlo, Gruppo Baccini main sponsor, la mostra è un sogno che si realizza per il sindaco Sergio Giordani: «Avere a Padova l’Autoritratto con cappello di feltro grigio è un’emozione». L’ipnotica
opera-icona del 1887 è stata prestata dal Van Gogh Museum di Amsterdam eccezionalmente, per festeggiare i 25 anni di Linea d’ombra. La rassegna si dipana in sette sezioni e 96 opere tra disegni e dipinti, di cui 82 di Van Gogh, in un allestimento a tu per tu coi capolavori, mosso dalle gigantografie dei luoghi d’ispirazione del pittore di Zundert fotografati adesso e dalle parole di Vincent tratte dal suo epistolario. L’excursus è un crescendo dal buio al colore,
"La prima sala
Il percorso parte con Bacon che «ha dipinto Van Gogh come chi parte e non è mai partito»
da un vocabolario scarno, fatto di presa di coscienza attraverso il disegno all’esplosione di pitture pastose abbaglianti di luce.
Dalla miniera belga nel Borinage con uno «sgrammaticato» – così lo definisce Goldin – disegno coi minatori in fila indiana sotto la neve, e poi a Etten e all’Aia, nelle prime sale donne che cuciono o zangolano il burro e volti, pure quello del suo amore, la prostituta Sien. Negli anni di Nuenen, tra contadini e tessitori, le prime accensioni di colore: due versioni di Telaio con tessitore (1884, Otterlo) eseguite a sei mesi di distanza, mostrano il mutamento, con la seconda trasposizione in cui s’affaccia l’apertura verso un paesaggio chiaro. Nella Ville lumière tutto cambia, col cruciale incontro con Seurat, Signac e il colore nuovo di Gauguin, e la sua Vegetazione tropicale (paesaggio della Martinica) (1887, National Galleries of Scotland), opera amatissima dai fratelli Van Gogh che la comprarono. Vediamo una serie di nature morte e quei fiori ritenuti dallo stesso Vincent fondamentali per l’approdo agli stilemi della modernità. Nelle ultime sale l’immersione nella luminosità del sud con una carrellata di masterpieces summa dei temi cari al genio olandese, dalle fioriture - ispirate dalla chiarezza dell’aria delle xilografie di Hiroshige – ai campi di grano, i giardini e le vigne.
È un anno decisivo il 1888. Van Gogh è ad Arles. Aspettando Gauguin con cui dividerà per due mesi la casa gialla ecco i materici Vigneto Verde e Sentiero nel parco (Otterlo) per poi sfociare nel giallo infinito del Seminatore (1888, Otterlo), posto accanto a quello del suo ispiratore Millet (1847-48 National Museum Wales). Spettacolare l’infilata dei ritratti degli amici, dal sottotenente Milliet alla famiglia Roulin o Joseph-Michele Ginoux, e Madame Ginoux (la famosa Arlesiana dalla Gnam di Roma), mentre l’approdo è nel Paesaggio a Saint-Remy (1889, Ny Carlsberg Glyptotek, Copenaghen), nel Paesaggio e Luna nascente (1889, Otterlo)
e al violaceo groviglio de Il burrone (1889, Otterlo), quello in cui stava precipitando l’uomo Van Gogh, che però con questo quadro ci lascia la vera anima della pittura, tra realtà e finzione, tra figurazione e astrazione. Sospesa e senza tempo.