Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
I QUATTRO PILASTRI
Crediti illimitati alle imprese e contributi a pioggia, dall’«elicottero», a sostegno dei redditi delle famiglie, nella fase uno già attivata per far sopravvivere sistema; investimenti pubblici e incentivi agli investimenti privati, nella fase due da attivare appena possibile per avviare ed irrobustire il rilancio dello stesso.
Sono questi i quattro pilastri sui quali poggia la politica economica deel governo Conte ai tempi del coronavirus. Quattro aree variamente declinate dai diversi Paesi, purtroppo non dall’Unione Europea come un tutto, e condizionate dalla agibilità monetaria e finanziaria degli stessi. Dappertutto tra gli investimenti pubblici si ipotizza di dare priorità a programmi di spese ingenti in infrastrutture. Anche nel nostro Paese questa ipotesi gode di largo consenso. L’avvio di questa politica - lo ha annunciato la ministra De Micheli - verrà data a breve con un decreto che individuerà una ventina di grandi opere, anche queste distribuite a pioggia dall’elicottero, da affidare alle cure di una dozzina di commissari governativi. Sembra che il Veneto venga coinvolto con i potenziamenti ferroviari della Verona-Fortezza e della Venezia-Trieste. Un avvio da bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto.
Il mezzo pieno è che la macchina statale si mette in moto; che pensa di far fronte al finanziamento di queste opere, anche per cassa, quando se ne presenterà l’occorrenza; che qualche impresa di costruzioni potrà presto arricchire almeno il suo portafoglio ordini; e che, prima o dopo, la spesa pubblica che queste opere giustificheranno produrrà i suoi effetti moltiplicativi del reddito e dell’occupazione. Il mezzo vuoto che diventerebbe completamente tale se si pensasse che questo fosse il prototipo di intervento, magari sognando di poter applicare l’ancor più eccezionale modello Genova per il ponte Morandi - è costituito dalla discrezionalità (casualità?) delle opere selezionate e dalla ricorso ai commissari governativi. Lo stesso impianto del primo sbloccacantieri, quello del 1997, promosso da chi scrive allora ministro dei lavori pubblici pro tempore. E ripetuto dai molti «SalvaItalia», «SbloccaItalia», eccetera, messi in campo dai governi successivi. La differenza è che lo sbloccacantieri del 1997 voleva essere un provvedimento straordinario, da non ripetere, perché veniva approvato mentre il governo di allora stava preparando un grande piano di infrastrutture («Per restare in Europa. Tutte quelle che servono, solo quelle che servono») e immaginava di stabilizzare le regole sugli appalti con la Merloni ter. Gli obiettivi di definizione meditata e democraticamente consolidata delle priorità e stabilizzazione delle regole sugli appalti sono stati perseguiti da allora da tutti i governi con provvedimenti che spesso schizofrenicamente contraddicevano quelli precedenti. Il risultato è che il decreto De Micheli in corso di approvazione confessa che oltre vent’anni sono passati invano. Non disponiamo di un programma di investimenti infrastrutturali fondatamente tarato sulle esigenze del Paese, e dobbiamo ricorrere ai commissari per aggirare le regole che noi stessi ci siamo dati. Ben venga dunque il decreto De Micheli, ma il programma di investimenti infrastrutturali che dovrà contribuire con a far uscire il Paese dalla crisi profonda nella quale lo sta gettando il coronavirus – un programma di un ordine di grandezza di spesa decisamente superiore - avrà successo solo se si definiranno le vere priorità infrastrutturali nazionali, utili innanzitutto ad aumentare la produttività dell’economia italiana digitale, energia, acqua e trasporti se si creeranno meccanismi e soggetti istituzionali che mettano il programma al riparo del ciclo politico, cioè dal capriccio del principe di turno, e se ci si darà regole stabili di realizzazione delle opere, che non possono prescindere dall’attrezzare alcune poche stazioni appaltanti di competenze autorevoli chiamate ad esercitare, sempre, poteri dentro le regole e non contro le regole, come quelli che oggi si vogliono «eccezionalmente» in capo ai commissari.