Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Rissa con il morto, la verità degli Stella
Erroneamente accusati dell’omicidio di Sartor sono stati «condannati» dai social
TREVISO «Contro di noi ci sono migliaia di accusatori e di giudici sui social che hanno già emesso una sentenza di morte». A diciotto giorni dalla morte di Alessandro Sartor, stroncato da infarto durante una rissa davanti all’Osteria al Bakaro di Tovena, Alberto e Francesco Stella, inizialmente accusati di omicidio e poi pienamente scagionati, hanno deciso di parlare per la prima volta della drammatica vicenda che li ha ingiustamente portati in carcere.
CASTELFRANCO VENETO Dissidi familiari, nati per questioni economiche, avrebbero compromesso i rapporti con la sorella. Tanto da spingerlo ad aggredirla e picchiarla quando questa, si era presentata a casa della madre.
Per questo Andrea Bambace, 49enne candidato sindaco dei Cinque Stelle e oggi consigliere comunale del Movimento a Castelfranco, è finito a processo con le accuse di violenza privata e lesioni aggravate. La sorella di Bambace, 61 anni, assistita dall’avvocato Simone Guglielmin, si è costituita parte civile nel processo che è iniziato ieri in tribunale a Treviso. Era stata proprio lei a denunciarlo, al termine di una violenta lite che si sarebbe consumata nell’abitazione della madre a Castelfranco Veneto, nel marzo del 2016. Da tempo i rapporti tra i due sarebbero stati difficili, a causa delle accuse che il consigliere comunale, nonché insegnate all’Itis castellano, muove alla sorella che, a suo dire, si sarebbe appropriata di alcune somme di denaro appartenute alla loro madre. Quel giorno, la donna era andata a casa dell’anziana per controllare le sue condizioni, essendo la donna ormai non più autosufficiente e bisognosa di cure continue. Mentre era lì, nell’abitazione era arrivato anche il fratello che si era subito innervosito per la sua presenza: «Cosa ci fai qui?» le avrebbe urlato, insultandola con epiteti quali «ladra» e «disonesta». La donna avrebbe replicato con pacatezza, sperando che il fratello si calmasse, ma la sua reazione era stata quella di un’escalation di violenza e rabbia: «Come osi presentarti qui? Sono già finiti i soldi che hai rubato nel 2008? Te la farò pagare. Io ti faccio finire in galera. Ladra e disonesta».
La 61enne, secondo quanto ha raccontato nella sua denuncia, avrebbe quindi provato a stemperare i toni, ma di fronte al fratello sempre più arrabbiato si era spaventata e aveva preso dalla borsa il telefono cellulare per chiedere aiuto. In un attimo però il 49enne l’avrebbe strappato con violenza dalle mani di lei, strattonandole un braccio e scappando in un’altra stanza della casa, dove si sarebbe messo a controllare nella memoria, cancellando una serie di messaggi che lui stesso le aveva inviato, pieni zeppi di insulti per le solite questioni economiche. Poco dopo sarebbe tornato da lei e le avrebbe restituito il telefono, continuando a insultarla: «Sei una p….. Non sai neppure educare tua figlia che infatti si è presa, senza diritto, i regali della nonna». I toni sono diventati sempre più nervosi tanto da spaventare la 61enne che, temendo una reazione ancora più violenta, si era messa a riprendere il fratello con lo smartphone. È a quel punto che Bambace l’avrebbe nuovamente aggredita, stringendole ancora con forza un braccio e la mano con la quale teneva il telefono per sottrarglielo e provocandole un forte dolore. Si sarebbe quindi chiuso in bagno per cancellare il video appena registrato dal cellulare della sorella. Appena riavuto il suo telefono, la donna era scappata via. Il giorno dopo si era fatta curare in pronto soccorso per il dolore al braccio e al dito, ed era stata dimessa con una prognosi di 20 giorni.
Proprio l’aggressione fisica l’avrebbe convinta a denunciare. Il pentastellato è così finito a processo. Il 49enne non vuole parlare della vicenda: «Ma respinge con forza le accuse, e confida nel buon esito del processo» spiega il suo avvocato Marco Furlan.
Il consigliere Respingo con forza tutte le accuse e confido nel buon esito del processo