Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Gli sbarchi, la Lega e i «baglionisti» veneti
Il Veneto è diventato di colpo terra di conquista per sondaggisti trasversali a caccia di nuovi numeri. Ineluttabile all’indomani della conferenza stampa in cui il musicista Claudio Baglioni, 67 anni e 60 milioni di dischi venduti, approfittando della presentazione del Festival di Sanremo, in programma dal 5 al 9 febbraio, si scaglia contro la politica dell’attuale governo Lega-5 Stelle in tema di migranti.
Succede infatti che nel suo «j’accuse» Baglioni, direttore artistico del festival, definisca «una farsa» il blocco dei 49 profughi africani a bordo della nave Sea Watch, appena fatti sbarcare a Malta dopo venti giorni di peregrinazioni in balia delle onde. Aggiungendo quanto trovi «terribilmente rancoroso e incattivito» il suo Paese da un po’ di tempo a questa parte. Frasi che sembrano decisamente stonare in questo Veneto leghista, e quindi favorevole ai porti chiusi, dove al governatore in carica, Luca Zaia, un recente sondaggio Demos accredita il 76% dei consensi. Un mucchio di «like» dove annoverare anche quelli idealmente espressi dai piastrellisti di Roncade concepiti sulle note di «E tu, pallida e dolce», dalle ostetriche di Sant’Ambrogio di Valpolicella ancora ammaliate da chi ballava avvinghiato ai loro fianchi «Amore bello come un bacio, come il buio», dai consulenti d’immagine di Belluno battezzati Giovanni come il figlio a cui il cantautore dedicò «Avrai sorrisi sul tuo viso come ad agosto grilli e stelle».
Perché, si sa, i veneti sono «baglionisti». E della prima ora. Verità appena appurata dal raddoppio delle date previste a Treviso nel prossimo tour primaverile dell’artista, pochi mesi dopo la triplicazion e di quelle padovane e il gran finale estivo celebrato all’Arena di Verona. Ovunque il divo Claudio si manifesti, dal Comelico al Polesine, l’adunata sotto il suo palco è invariabilmente oceanica. Si ripete da quando, mezzo secolo fa, il cantautore romano sussurrava nei juke box «quella sua maglietta fina, tanto stretta che mi immaginavo tutto», aggiornando al 1972 una visione dell’amore ispirata allo stesso, fervente voyeurismo cattolico – un occhio al messale e l’altro alla caviglia – professato sul finire dell’800 dai romanzi best seller del vicentino Antonio Fogazzaro.
Ecco perché, sulla carta, gli operatori degli istituti di ricerca hanno di che sbizzarrirsi lavorando sul potenziale, incipiente scollamento fra il 76% di voti nelle possibilità di Zaia, e quell’imponderabile percentuale di «baglionisti» di stretta osservanza che, in vista delle imminenti elezioni europee, potrebbero ingigantirsi durante le cinque serate di Sanremo. Dipende da quanto le costelleranno eventuali ritorni del loro beneamato sull’argomento sbarchi, che peraltro cavalca da sempre, considerando i dieci festival di Lampedusa da lui dedicati proprio ai temi delle migrazioni.
Arduo immaginare quanto il Veneto del «Passerotto non andare via» potrà discostarsi dal solco del più lineare pensiero leghista in merito all’accoglienza degli stranieri. Sempre che in qualche sperduta sede dell’opposizione politica qualcuno non stia aggiornando l’identikit dell’elettore conquistabile, dove i tratti del baglionista ortodosso andrebbero parzialmente a sovrapporsi a quelli di chi è già sceso in campo contro il decreto sicurezza del governo gialloverde: sacerdoti, scout, pompieri, sindaci disobbedienti, irriducibili centri sociali. In realtà, ce ne sarebbe abbastanza per cantare un giorno in piazza non solo «Bella ciao», ma anche il Baglioni doc di «Strada facendo vedrai che non sei più da solo, strada facendo troverai un gancio in mezzo al cielo».
Chissà che effetto farebbe nei sondaggi del giorno dopo.
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