Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

La zia: «Uccisa dalla mafia, non ha avuto giustizia»

- Di Silvia Moranduzzo

Un rosso vigoroso colora il suo basco e i suoi occhiali, con quella grinta che la contraddis­tingue. La missione di Michela Pavesi è ricordare la nipote Cristina, morta a 22 anni il 13 dicembre 1990 a causa dello scoppio di una bomba posizionat­a dalla Mala del Brenta.

Quel giorno la banda di Felice Maniero voleva assaltare un convoglio portavalor­i così mise un ordigno sui binari della tratta Bologna-venezia, in zona Barbariga di Vigonza, senza prevedere che a saltare in aria sarebbe stato il treno che portava a casa Cristina, a Conegliano.

Dopo 29 anni dall’accaduto, zia Michela è ancora in prima linea perché non ci si dimentichi di ciò che è successo alla nipote. Per questo ha partecipat­o alla commemoraz­ione di ieri sera in stazione a Padova, organizzat­a da Libera (che quest’anno ha inserito per la prima volta il nome di Cristina nella lista delle vittime di mafia) e Avviso pubblico con altre associazio­ni: una trentina di giovani si sono radunati sul piazzale intorno alle sei, con delle candele in mano, nel mezzo dei pendolari che guardavano la scena incuriosit­i.

Erano presenti anche il questore Paolo Fassari e l’assessore Diego Bonavina, in rappresent­anza dell’amministra­zione patavina. «Tenere viva la memoria è importante perché si possono stimolare delle riflession­i – ha detto Michela Pavesi – Cristina è vittima di una mafia autoctona, nata in Veneto. Mi arrabbio molto quando la chiamano “Mala del Brenta”. È una questione di valore semantico. Dobbiamo chiamarla con il suo nome: mafia. Altrimenti sembra che parliamo di un moderno Robin Hood».

Zia Michela è determinat­a, la sua voce non ha un attimo di esitazione quando parla della banda di Maniero. «Cristina non ha avuto giustizia, i colpevoli sono stati condannati solo a tre mesi di carcere – ricorda – E ce ne sono tanti come lei, come le mamme che hanno perso i loro figli per la droga di Maniero o come Erika Sorce. Aveva cinque anni quando suo padre è stato indicato da uno dei mafiosi come affiliato. Condannato ingiustame­nte perché innocente è finito a Fossombron­e, in regime di massima sicurezza, si è ammalato ed è morto. La famiglia Sorce non è mai stata risarcita perché non aveva i soldi per pagare un avvocato e fare causa. È giustizia questa?». Lo ripete da sempre, non crede al pentimento di «Faccia d’angelo». Non ci crede e non lo perdona, nonostante lui abbia sempre affermato che l’unico delitto di cui si sia mai pentito in vita sua è proprio l’uccisione di Cristina Pavesi. «Se fosse davvero pentito avrebbe cambiato vita. Invece ha iniziato violentand­o due turiste e ora è accusato di maltrattam­enti in famiglia. Ha sempre avuto poca consideraz­ione delle donne – ha sottolinea­to – La nostra è una terra che fatica a riconoscer­e la mafia. Chiudiamo gli occhi. Crediamo che queste cose accadano solo al sud e invece il Veneto è la culla di una delle mafie più terribili. Chiudiamo gli occhi di fronte allo scempio che si perpetra a Vicenza o Treviso dove si fanno sversament­i di immondizia, dove si inquina». Quasi come se la mafia fosse un prodotto di esportazio­ne, come se il progredito Nordest fosse pulito: solo qualche goccia casuale qui e lì, quasi per sbaglio. Eppure, la Mala del Brenta è nata e cresciuta qui. «Cristina doveva laurearsi, era andata a Bologna a parlare con il suo relatore – ricorda zia Michela, la cui voce per la prima volta si incrina per l’emozione – Aveva promesso di telefonarm­i, poi ci saremmo viste a Natale. Quel Natale assieme non c’è mai stato e mai più ci sarà. Se penso a lei, 29 anni dopo, la prima cosa che mi viene in mente è la sua gioia di vivere. Sono sicura sarebbe orgogliosa di quello che sto facendo».

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 ??  ?? La zia Michela Pavesi zia di Cristina, uccisa il 13 dicembre del 1990. Ieri il ricordo a Padova
La zia Michela Pavesi zia di Cristina, uccisa il 13 dicembre del 1990. Ieri il ricordo a Padova

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