Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Femminicidio d’impeto dopo una lite «Anna non voleva tornare con lui»
Marano, l’ipotesi degli investigatori. L’ex marito: si è uccisa. Oggi l’interrogatorio
Un femminicidio d’impeto, scaturito all’apice di una discussione. Dopo essersi sentito rispondere dall’ex che no, lei non sarebbe «rientrata a casa da moglie», come lui avrebbe voluto. Sarebbe questa l’ipotesi investigativa al vaglio dei carabinieri di Vicenza sulla morte di Anna Filomena Barretta, la cassiera 42enne di Marano Vicentino che il 20 novembre scorso sarebbe stata ammazzata in casa dall’ex marito Angelo Lavarra, guardia giurata. Il quale avrebbe trascinato il corpo da una stanza all’altra dell’appartamento, dove gli investigatori veneti e del Ris di Parma hanno individuato diverse tracce di sangue. Diffuse.
All’alba di giovedì, a nove giorni dalla tragedia, il padre di famiglia è stato portato in carcere, con l’accusa di omicidio e di aver poi inscenato il suicidio della moglie. Alla quale avrebbe sparato forse dopo essersi reso conto che la madre delle sue due figlie era irremovibile, che non c’era alcuna possibilità di ricucire quel rapporto lungo vent’anni, che quella separazione consensuale (per quanto sarebbe stata lei a volerla), raggiunta da appena un mese e ufficializzata dal tribunale, rimaneva tale. E con essa quella sorta di stigma per il matrimonio naufragato, per una compagna che non era riuscito a tenersi accanto. E che sentiva ancora sua. Che voleva. Anche a costo di privare le figlie della madre.
Ma il 44enne di origini pugliesi, come la vittima, non ci sta a questa ricostruzione e sia il giorno della tragedia sia giovedì ha ribadito per ore e ore agli inquirenti la sua innocenza. «Avevamo avuto una discussione sui soldi, sulle spese da affrontare, ancora di più ora da separati, ma non le ho sparato, non l’ho uccisa io — la difesa di Lavarra —. Anna sapeva come usare la mia pistola Beretta, in passato glielo avevo mostrato. Io mi ero appisolato sul divano della sala, mi ha svegliato il colpo e sono corso in camera da letto», insiste la guardia giurata della Civis, che ha poi chiamato i soccorsi. L’uomo avrebbe anche ammesso di aver trascinato il corpo senza vita della moglie: «Non so perché, volevo soccorrerla», la giustificazione. Una versione che il vigilante potrebbe ribadire questa mattina, quando comparirà con i suoi avvocati davanti al giudice Massimo Gerace, per l’interrogatorio di convalida in carcere. Ma non è nemmeno escluso che scelga di fare