Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
«Sgozzare chi non è dell’Isis» La follia di due fratelli tunisini Il pm: «Sono lupi solitari»
Il più giovane fermato a Padova ed espulso. L’altro è in carcere
«Difendere i fratelli jihadisti», «distruggere i governi traditori», e «sgozzare i cani» di chi non aderisce allo Stato Islamico. Perché l’imperativo dev’essere uno solo: «Combattere il diavolo che è presente nel nostro paese» così da «riportare la grandezza dell’islam».
Si parte da qui, dalle frasi scritte o condivise su Facebook da Kamel e Boubaker Sadraoui, 34 e 32 anni, due fratelli tunisini finiti nell’inchiesta per apologia di terrorismo condotta dalla Dda di Bari.
La polizia li teneva sotto controllo da quasi un anno. Prima a Carapelle, il paesino del Foggiano in cui abitavano. Poi, dopo l’arresto di Kamel, le indagini si sono spostate a Padova, dove il più giovane dei fratelli Sadraoui era arrivato per nascondersi, vivendo come un vagabondo nei dintorni della stazione ferroviaria.
La Digos l’ha rintracciato l’8 maggio e il giorno successivo è stato portato al Cie di Torino con in tasca un provvedimento di rimpatrio firmato dalla prefettura di Padova. «Boubaker Sandraoui è socialmente pericoloso e per dieci anni non potrà rimettere piede in Italia», spiegano dalla questura. E infatti il 13 maggio è stato rispedito in Tunisia su una nave salpata dal porto di Genova.
«Si tratta di lupi solitari che grazie a internet sono in contatto con altri soggetti» ha spiegato ieri il procuratore di Bari, Giuseppe Volpe, descrivendo i due fratelli.
«La difficoltà di queste indagini - assicura Volpe - è capire se in determinate condotte si è andati oltre la libera manifestazione del pensiero. In questo caso alcuni video condivisi sui social network, come quello in cui viene torturato un bambino, servono a fomentare l’odio».
Perché è attraverso i social network che avveniva la propaganda. Il più attivo era Kamel (che accompagnava i messaggi con la frase «Lo Stato Islamico sopravviverà») per il quale l’8 febbraio era scattato il provvedimento di fermo, poi messo parzialmente in discussione dal gip di Bari e infine confermato dal Tribunale del Riesame dopo l’appello della procura.
In una intercettazione, si sente il carrello di una pistola (non ancora sequestrata dagli inquirenti) e uno dei fratelli commentare il numero di colpi a disposizione. In un’altra conversazione, Kamel esalta l’attentatore dei mercatini di Natale di Berlino.
Già a febbraio, dopo il fermo del fratello, Boubaker aveva lasciato in tutta fretta la Puglia per trasferirsi a Padova, dove dormiva all’interno di edifici abbandonati e trascorreva le giornate con i connazionali alla stazione.
La polizia di Padova non aveva impiegato molto per individuarlo: a marzo era stato fermato per un controllo e trovato in possesso di un telefonino rubato. Era finito quindi nei guai per ricettazione e la Digos aveva cominciato a tenerlo sotto controllo, in attesa di raccogliere tutti gli elementi necessari alla sua espulsione.
Stando alle indagini, i due fratelli per ora non avevano in programma alcuna azione eclatante. «Nessun progetto di attentato - ha spiegato un investigatore - ma una potenzialità a commettere atti gravi». I pm hanno sottolineato che «a concretizzare il pericolo è il rischio di un processo di radicalizzazione immediata dovuto al disagio sociale vissuto da questi soggetti».
Ma Kamel, dal carcere, respinge tutte le accuse: «Io e mio fratello non abbiamo nulla a che fare con il terrorismo»