Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Vertenza Zegna-In.co Una lavoratrice su tre ha già un nuovo posto
Alla chiusura della vertenza, il 4 di giugno, era sembrata più una battuta che un capitolo di un piano più articolato. L’idea che le aziende del settore tessile, in un raggio di 50 chilometri dallo stabilimento In.co di Sarmeola di Rubano (gruppo Ermenelgildo Zegna) assumessero parte delle lavoratrici destinate a cassa integrazione e mobilità, era apparsa, cioè, poco compatibile con l’attuale contingenza economica.
Eppure ha funzionato. Fonti credibili rendono noto che un terzo delle 218 lavoratrici ha già rassegnato le dimissioni in vista di nuove opportunità, che si sarebbero già tradotte in realtà. Con un contratto in mano, hanno detto addio all’azienda, con la quale del resto serbavano un rapporto formale. Il territorio, e cioè il contesto industriale, si è mosso. Del resto, le lavoratrici hanno maturato, negli anni, competenze non sostituibili nel breve; e anche, per certi versi, difficili da reperire. Di qui la svolta; mentre peraltro procede spedita la trattativa Dolce & Gabbana, marchio di importanza globale interessato all’acquisizione dello stabilimento. E ciò per due motivi: uno è legato appunto alla professionalità delle operaie; l’altro al tesoretto (500mila euro) che Zegna ha lasciato in serbo per il successore sul territorio. È un negoziato importante in vista di una definitiva soluzione della vicenda. Che si è svolta così: quattro mesi fa Zegna aveva invitato le lavoratrici a trasferirsi negli stabilimenti di San Pietro Mosezzo (Novara), Parma e Biella; quello di Rubano produceva un terzo del necessario. Vista l’impossibilità pratica di realizzare l’esodo, si è svolta una serrata trattativa che ha coinvolto non solo i sindacati, ma anche i rappresentanti del territorio. La soluzione: 25 dipendenti saranno accompagnate alla pensione; un centinaio troverà (come sta accadendo) lavoro sul territorio; e 34 hanno aderito al trasferimento in altri stabilimenti del gruppo Zegna. Dolce & Gabbana dovrebbe occupare 30 o 40 dipendenti. Resterebbero fuori, per ora, 20 o 30 “esuberi”, tutelati dalla cassa integrazione e dalla mobilità.