Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
L’ira di Bitonci: «Lo Stato non rispetta le regole» «È una topaia, impossibile che l’ex caserma rispetti le norme igienico sanitarie»
Si allarga lo scontro istituzionale avviato dal sindaco Massimo Bitonci. Dopo la Prefettura, «colpevole» di aver collocato una tendopoli all’interno dell’ex caserma militare Prandina per ospitare temporaneamente alcuni profughi africani (va ricordato che la struttura tra via Orsini e corso Milano è di proprietà dello Stato), nel mirino dell’ex senatore leghista finisce l’Usl 16, «rea» di aver giudicato agibile la stessa Prandina. «Il sopralluogo dei tecnici dell’Usl, richiesto dal Comune, avrebbe dato esito positivo - esordisce il primo cittadino, che evidentemente confidava e sperava in un risultato differente - Nella topaia di via Orsini, già rifugio di sbandati faticosamente allontanati dalla Polizia Locale, esisterebbero le condizioni di sicurezza e quelle igienico-sanitarie per allestire una tendopoli». Una cosa impossibile secondo il sindaco. «Ma in Italia – scandisce Bitonci – funziona così: i cittadini pagano tasse come in nessun altro Paese europeo e mantengono un infinito apparato burocratico che ne ostacola ogni libera iniziativa, anche di carattere imprenditoriale. Lo Stato, invece, fa quel che vuole e non rispetta le stesse leggi che valgono per il popolo e che fa applicare senza pietà». E tutto, secondo Bitonci, sempre con la stessa «scusa», «quella dell’emergenza». «Quando per incapacità di risolverlo un problema diventa emergenza - continua -, tutto è consentito, compresa la violazione palese e arrogante di norme e regolamenti. Nell’ex caserma Prandina, sta accadendo esattamente questo: un’area degradata, su cui doveva sorgere un parcheggio, è diventata di colpo idonea per l’accoglienza dei clandestini (così Bitonci chiama i profughi) che governo e prefettura non sanno dove mettere». Quindi, l’affondo finale: «Alla faccia dei padovani che, per farsi un caminetto, ristrutturare una veranda o aprire un chiosco, devono aspettare mesi e richiedere verifiche». (d.d’a.)