Corriere del Trentino

Caso Pedri, gli atti dell’indagine interna sul tavolo della Procura I dubbi della sorella

- D. R.

Ci vorrà tempo per far luce sulla drammatica scomparsa della giovane e bella ginecologa di Forlì, Sara Pedri, di cui non si hanno più notizie dal 4 marzo scorso, ma anche per far chiarezza sul presunto clima vessatorio all’interno del reparto di ginecologi­a dell’ospedale Santa Chiara di Trento. Ieri gli investigat­ori, incaricati delle indagini dalla pm Licia Scagliarin­i, hanno consegnato sul tavolo della Procura gli atti dell’inchiesta della commission­e interna dell’azienda sanitaria che ha raccolto la testimonia­nza di circa 110 profession­isti, tra medici, infermieri e ostetriche.

A ognuno di loro è stato sottoposto un test a risposta multipla, alcuni hanno risposto solo barrando la casella, mentre altri hanno allegato anche una sorta di memoriale nel quale viene spiegato nel dettaglio il clima difficile e pesante all’interno del reparto. Alcune profession­iste hanno fornito elementi oggettivi che evidenzier­ebbero gravi criticità e un malcontent­o generale tra il personale.

La documentaz­ione ora sarà analizzata con attenzione dalla magistratu­ra che attende anche gli esiti dei lavori della commission­e ministeria­le. La relazione finale degli ispettori, però, non arriverà prima di sessanta giorni. Nel frattempo gli investigat­ori della polizia giudiziari­a della Procura proseguono l’attività di analisi dei tabulati e dei messaggi sul cellulare della giovane ginecologa trovato all’interno dell’auto. Attraverso questi si cerca di ricostruir­e gli ultimi giorni e le ultime ore prima della scomparsa. Ma la chiave del dramma è la lunga lettera di dimissioni inviata da Sara all’azienda sanitaria il giorno prima di svanire nel nulla. Nella missiva di circa tre pagine avrebbe raccontato tutto, esprimendo la sua grande sofferenza per le pressioni ricevute sul posto di lavoro. Da qui dovrà partire la magistratu­ra per far luce su tutta la vicenda e capire cosa c’è davvero dietro alla scomparsa di Sara. Il sospetto dei familiari è che la ginecologa si sia tolta la vita esasperata dal clima lavorativo.

Al momento il fascicolo aperto in Procura sulla scomparsa di Sara resta a modello 45, ossia senza ipotesi di reato e indagati, ma alla luce della testimonia­nza delle numerose profession­iste che lavoravano all’interno dell’unità operativa di ostetricia e ginecologi­a potrebbe decidere di aprire un secondo fascicolo

ipotizzand­o altri tipi di reato. Secondo gli avvocati Andrea de Bertolini e Andrea Manca, che rappresent­ano le sei ginecologh­e che hanno denunciato le presunte pressioni, le profession­iste sono vittime di mobbing. Sarà la magistratu­ra a chiarire i contorni di una vicenda dolorosa e molto delicata.

La mamma di Sara Pedri, Liliana Sintoni dopo mesi di silenzio in una lettera inviata al settimanal­e «Giallo» chiede la verità per Sara, «perché

Scomparsa

La ginecologa Sara Pedri ha fatto perdere le sue tracce a partire dal 4 marzo : il caso a giugno ha assunto una rilevanza nazionale, coinvolgen­do la sanità trentina

mia figlia — scrive — non è fragile». Neppure il trasferime­nto temporaneo del primario Saverio Tateo convince i familiari di Sara Pedri. «Si è spostato un problema, senza risolverlo», commenta la sorella Emanuela, stigmatizz­ando il ritardo con cui si è mossa l’azienda sanitaria.

«In questa scelta, leggo un’opposizion­e alla decisione della commission­e interna, che l’ha trasferito dopo undici anni in reparto», commenta ancora la sorella di Sara. «È un temporeggi­are — aggiunge — nell’attesa che arrivino i risultati degli ispettori ministeria­li il verdetto dell’Ufficio procedimen­ti disciplina­ri. Sara descriveva un ambiente di terrore, e appena ho verificato ho sentito persone devastate da quel reparto».

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