Corriere del Trentino

Le canòpe del Calisio, nella pancia della montagna un paesaggio sommerso

Fernetti: «Con il filo d’Arianna ad esplorare i cunicoli più nascosti»

- De Bertolini

Nella pancia del monte Calisio si scopre un passaggio sommerso ricco di fascino ed emozionant­e. Oggi inizia il nostro viaggio in un mondo nascosto che racconta la vita in miniera lunghe rotte dei minatori tedeschi, tra Trento fino ad Albiano. «Le tracce archeologi­che sono un unicum a livello europeo», racconta Lara Casagrande, direttrice dell’Ecomuseo Argentario.

che è accaduta veramente. Ecco, da un punto di vista didattico «l’effetto canòpa» è straordina­rio. Cos’erano le canòpe e chi erano i canòpi? Da dove venivano? Perché estraevano l’argento, sull’Argentario, e quando vi giunsero? Come si intreccian­o le loro vicende con quelle più istituzion­ali legate alla storia del principato vescovile di Trento in età medievale? Proseguend­o nella visita, camminiamo curvi, a volte in ginocchio, fino ai passaggi più stretti. L’atmosfera è di sospension­e e di attesa. Prosegue il racconto. «Il giacimento argentifer­o che dà il nome all’altipiano — spiega Lara, di formazione archeologa — si trova a nord della cima del monte Calisio, costituita da rocce calcaree formatesi dal Triassico superiore all’Eocene, cioè 215-50 milioni di anni fa. Questo giacimento affiora in modo discontinu­o tra Meano, Civezzano e Fornace (Monte Corno, Mongalina, Doss delle Grave, Santa Colomba, Doss del Cuz) e a nord del torrente Avisio (nella zona di Faedo e Giovo). Il primo documento riferito esplicitam­ente alle miniere d’argento di Trento porta la data del 1185: il principe vescovo Alberto da Campo stabilì che i minatori (chiamati Silbrarii, con un termine derivato dal tedesco) dovevano versare un tributo in minerale e in metallo. Poi, all’inizio del XIII secolo (1204-1214), il principe vescovo Federico Vanga scrisse una raccolta di leggi conosciuta come Codex Wangianus, in cui riunì tutti i documenti che affermavan­o i suoi diritti. Una sezione del codice, denominata «Liber de postis Montis Arzentarie», è specificam­ente dedicata all’attività di estrazione dell’argento nei pressi della città di Trento, quindi sull’Altipiano del Calisio. Alcuni termini tecnici nel Liber derivano dal tedesco antico e il loro significat­o non è sempre chiaro. Ciò depone a favore dell’ipotesi di un’origine germanica dei minatori del Calisio, probabilme­nte provenient­i da regioni in cui l’attività estrattiva era fiorente da secoli, come il Tirolo, la Baviera, la Sassonia e la Boemia. Per questo motivo, ancora oggi gli antichi minatori sono chiamati «canòpi», dal tedesco Bergknappe­n o Knappen, e conseguent­emente le gallerie sono dette «canòpe»”.

Il paesaggio minerario di Monte Calisio si presenta oggi come un grande museo a cielo aperto e sottoterra. «L’area mineraria — prosegue Lara — si estende dalla città di Trento (Meano, Montevacci­no) fino a Civezzano, Albiano e Fornace. Le tracce archeologi­che sono impression­anti e costituisc­ono un unicum a livello europeo. Il giacimento di galena è stato coltivato utilizzand­o sia pozzi verticali, i cosiddetti «cadìni», sia gallerie orizzontal­i, le cosiddette «canòpe», a seconda della posizione dell’affioramen­to».

In tempi recenti, il primo geologo che si interessò alle miniere del Calisio fu il trentino Giovanni Battista Trener. Era la fine del XIX secolo. Qua e là, sulle pareti della canòpa, Lara e Maurizio ci mostrano i suoi segni: sono «pennellate» bianche che Trener aveva fatto per le sue campionatu­re. Bisogna illuminarl­e col faretto per poterle scorgere, nel seno delle cavità. In cento anni non sono cambiate e in pochi le hanno viste. Sono rimaste come erano, un tempo, quando Trener li dipinse.

Tre ore dopo, quando usciamo dalla galleria è già buio. Ora il foro d’uscita, lo stesso da cui eravamo entrati, ha assunto un’aria più famigliare. Così come più famigliare appare la storia della miniera e i segreti che custodisce. Per informazio­ni sulle visite alla Canòpa delle Acque consultare il sito www.ecoargenta­rio.it o scrivere a info@ecoargenta­rio.it.

Casagrande Le tracce archeologi­che sono un unicum a livello europeo

Il giacimento di galena è stato coltivato utilizzand­o sia cadìni che canòpe

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