Raffica di dimissioni, cade Mattarei
Federcoop, un vero terremoto: lascia oltra la metà del cda. Mai successo in 125 anni
Quattordici su ventitré consiglieri hanno rinunciato al proprio ruolo, facendo decadere il consiglio d’amministrazione e causando la fine della presidenza di Marina Mattarei. La presidente del collegio sindacale Patrizia Gentil è la nuova reggente e convocherà l’assemblea per la nomina del nuovo cda.
No, in 125 anni non era mai accaduto. E per il movimento, fondato nel 1895 don Lorenzo Guetti, quella di ieri resterà una pagina inedita, scritta consultando i commi dello statuto. Il consiglio di amministrazione della Federazione trentina della cooperazione è decaduto e con l’assemblea termina il mandato (contestato) della presidente Marina Mattarei. Uno scossone provocato dalle dimissioni della maggioranza dei componenti del cda: dieci quelle inviate ieri, che si sommano agli altri quattro consiglieri che hanno riconsegnato il mandato nelle scorse settimane. Il computo totale porta a 14 adieu su 23 consiglieri, ossia la maggioranza che porta all’esaurimento della legittimità del consesso. Ma non è escluso che nella giornata di oggi arrivino nuove comunicazioni. Formalità. La sostanza è la medesima: si chiude rumorosamente la presidenza di Mattarei e la reggenza passa nelle mani — tecniche — di Patrizia Gentil, presidente del collegio sindacale. Sarà lei a dover convocare l’assemblea che porterà alla riscrittura del board e, negli auspici, alla ricomposizione dei rapporti interni al movimento. Specie col credito.
Fuoriuscite in blocco
Le tensioni hanno accompagnato l’intero mandato di Marina Mattarei, prima donna eletta alla guida di Federcoop dopo un ballottaggio al cardiopalma con Michele Odorizzi consumato l’8 giugno del 2018. Ma l’escalation dell’ultimo mese ha assunto toni irreversibili. Le frizioni con il credito si sono tradotte nelle dimissioni dei tre esponenti del mondo delle rurali: Marco Misconel prima, Arnaldo D’Andrea e Antonio Pilati nella seduta del 20 gennaio. Poi, lunedì mattina, una lunga lettera di Paolo Spagni, consigliere trasversale, ha accelerato i tempi di una frattura ormai troppo grande per essere sanata. Nella giornata di ieri sono arrivate altre dimissioni a raffica. Chi via pec, chi a mano. Per il settore sociale Italo Monfredini (tra l’altro vice), Serenella Cipriani ; Paolo Fellin. Per il consumo nomi illustri: Roberto Simoni, presidente di Sait, e Paola Dalsasso. Per il settore della produzione lavoro Germano Preghenella e Marina Castaldo; per l’area trasversale Alberto Carli. Per finire un nome del mondo agricolo che fa rumore: Luca Rigotti, presidente del Gruppo Mezzacorona. A questi nomi se ne aggiunge un decimo arrivato in serata: Steno Fontanari (lavoro). Altre due sono state annunciate e arriveranno nella giornata. Ma tanto basta per decretare la decadenza del consiglio, della presidenza contestata di Mattarei e per aprire una fase di reggenza.
«Dialogo difficile»
A fare sintesi delle posizioni dei consiglieri, che dopo una giornata di confronti reciproci ha condiviso la necessità di chiudere un ciclo senza tempi supplementari, è Italo Monfredini. «Abbiamo riflettuto e preso atto che siamo davanti a una impraticabilità del contesto consiliare — dice — Abbiamo davanti emergenze che riguardano settori come il credito quindi, vista l’impossibilità di un dialogo costruttivo, riconsegniamo il dibattito all’assemblea con l’auspicio che ci sia un reinvestimento di tutti i settori per definire una qualità della presenza dei settori dentro la federazione». Per le difficoltà di articolare il confronto in consiglio, di formulare proposte e la perdita di un pezzo importante (le rurali) i dimissionari hanno deciso di tracciare una riga per tornare a un nuovo paragrafo. Ma insieme. «Quello su cui abbiamo trovato accordo non è un’azione contro una presidente ma la presa d’atto che l’impegno di Mattarei è un impegno che rischia di produrre ulteriori lacerazioni». E la speranza, aggiunge, è che tali lesioni trovino modo di sanarsi ricostruendo la rappresentanza e dando voce a tutti e cinque i settori del movimento (agricolo, consumo, credito, produzione lavoro, sociale). «Per noi cessa qui qualsiasi polemica precedente», fa poi sintesi Monfredini.
La lettera e il rimpasto
La fine della presidenza di Mattarei, per ironia della sorte, è stata certificata nel giorno in cui la rivista della Federazione celebrava il «patto per la crescita» firmato con la Provincia. E con Maurizio Fugatti, proprio sul tema del credito e nell’ostilità verso i processi di fusione, Mattarei ha trovato una sponda. Un asse che s’è rivelato un boomerang. Ma le radici del dissenso dentro la Federazione sono lontane. Eletta al ballottaggio, Mattarei ha affrontato il primo scontro nella scorsa primavera, ad aprile, quando diciassette consiglieri le hanno recapitato una lettera perentoria. Fra le richieste: mettere in votazione il fatto che «gli indirizzi, gli orientamenti, e i pareri della Federazione su riforme
Quattordici lasciano, l’assemblea decade «Dialogo ormai impraticabile, ora si riparta»
progetti, programmi e su ogni questione rilevante per il movimento saranno ampiamente discussi e approvati in via preventiva dal cda». Un riferimento all’iniziativa di Mattarei in udienza dall’allora ministro Fraccaro (oggi sottosegretario), che si è trasformata in un attacco alla riforma del credito cooperativo. Il paradosso suonava così: il Trentino, da solo, va a discutere con il ministro di minare il progetto che vede il Trentino stesso protagonista, con il gruppo nazionale di Cassa centrale banca. Un fatto che ha creato nervosismo. Altra richiesta di quel tempo: le delibere di carattere straordinario e le nomine spettanti a Federcoop nelle società di sistema (Promocoop, Cooperfidi) «saranno preventivamente discusse in cda». La delibera proposta, alla fine, fu votata dal consiglio. «Mi state sfiduciando politicamente», commentò allora Mattarei. L’esito fu comunque un riequilibrio della governance così come chiesto nella lettera. I «fedelissimi» di Mattarei furono sostituiti da nuovi vicepresidenti. Come consigliere trasversale, al posto di Mariangela Franch, venne scelto Paolo Spagni. Una mediazione che portò, per poco, la quiete.
Il nodo accoglienza
Altrettanto tesi i rapporti con la cooperazione sociale che, nei primi mesi del mandato della nuova giunta di Maurizio Fugatti, ha lamentato l’assenza della voce di supporto della Federazione (e nello specifico della presidente). I circa duecento operatori rimasti senza lavoro dopo la riduzione delle risorse destinate alle attività di accoglienza ordinaria e straordinaria, si sono infatti appoggiati ai sindacati confederali. Anche in questo caso non sono mancate le tensioni. Dopo le parole del presidente del consiglio Walter Kaswalder pronunciate durante l’incontro di fine anno con i giornalisti — «Pensavo che l’accoglienza fosse basata sul volontariato, ma dietro c’è un certo business» — a replicare furono, da sole, otto realtà del non profit trentino: Atas, Cnca, la cooperativa Arcobaleno, il Centro Astalli,la coop Forchetta e rastrello, Kaleidoscopio, Samuele e Punto d’approdo.
Fusioni contestate
Oggi, infine, ultimo spazio di scontro è il processo di fusioni delle casse rurali. Un processo apertamente contestato da Mattarei e da cui è seguita la prima tranche di dimissioni dei consiglieri in rappresentanza delle rurali. Dinnanzi alla richiesta del cda di attivare un tavolo di lavoro per verificare, tecnicamente, chi deve disporre l’autorizzazione per nuove aggregazioni (la Provincia o la Bce?) s’è consumato lo strappo finale. La delibera che il consiglio avrebbe voluto approvare, ma la presidente no, s’è rivelata espressione di un vizio di metodo che l’intera assemblea ha lamentato per mesi: scarsa considerazione delle proposte. Di qui le dimissioni in blocco. E, di qui, la fine del mandato di Marina Mattarei.