FUSIONE RURALI
L’etica calpestata
Gentile direttore, con alcune riflessioni personali mi preme contribuire al confronto che in queste settimane si è animato a partire dalla controversa fusione tra la Cassa Rurale di Lavis-Mezzocorona-Valle di Cembra e quella di Trento. Ciò che è andato in scena al PalaRotari il 22 novembre è cosa nota e dettagliatamente riportata da più voci e differenti sensibilità. E, se «la votazione è stata, nei modi e nelle forme, un atto osceno» al punto — forse — da configurarsi come ipotesi di reato, sarà eventualmente stabilito nelle sedi opportune. Certamente si è aperta una frattura.
Non sono socia della Cassa rurale — già di Mezzocorona — ma il mio bisnonno nel 1902 ne fu uno dei suoi fondatori. La storia della mia famiglia è di una «famiglia cooperativa» di piccoli produttori agricoli ed è questo l’humus in cui è germogliata la mia adesione ideale e formale al movimento cooperativo che si è tradotta in un concreto spirito di servizio, prima nel direttivo dell’associazione Giovani cooperatori trentini e poi brevemente in quello dell’associazione Donne in cooperazione. Ho assistito nell’ultimo decennio a scontri accesi, a forzature polemiche e fratture di debolezza, ad assemblee affollate ed elezioni talvolta «citofonate». Ma l’immagine resa ai soci al PalaRotari ha qualcosa di «inedito»: si è consumata l’hybris dei principi cooperativi. Le criticità di informazione, ascolto e condivisione interna, il nodo rappresentanza e l’ipotesi di fusione con la Rurale Rotaliana e Giovo sono state inghiottite e soffocate insieme al dissenso che si è confrontato con una liturgia novecentesca di schedatura. In un tempo dominato dalla virtualizzazione dei servizi, dalla digitalizzazione della comunicazione e dalla globalizzazione dei mercati, i soci si sono dovuti spostare in pullman e mettere in fila, con carta d’identità alla mano, per farsi registrare manualmente su un file excel: nessuno ha ritenuto che, proprio in virtù di questi epocali cambi di paradigma, con anticipo e consoni adeguamenti di regolamento, si potesse mutuare — senza inventare nulla — da Banca Etica la formula di partecipazione dei soci «a distanza» e «in presenza»? Non solo. Ogni eventuale opacità sull’espressione di voto doveva essere preventivamente esclusa. Sul binomio trasparenza e classe dirigente, in seno all’assemblea ordinaria del 3 maggio scorso, i soci della Cassa rurale di Lavis-Mezzocorona-Valle di Cembra erano stati rassicurati. I rumor attorno alla fusione con Trento erano usciti «dalla stanza dei bottoni» ma a maggio la questione venne liquidata come un’eventualità residuale e comunque remota nei tempi: in poco più di un semestre l’affaire è stato «cotto e mangiato». La malizia è negli occhi di chi guarda, spesso, ma non sempre: a maggio la governance non aveva il polso della situazione o le dichiarazioni rassicuranti non erano in così buona fede. Se il primo caso evidenzia una palese incompetenza, il secondo traccerebbe una carenza etica; ed entrambi sono sintomo di una governance inadeguata.
Nadia Pedot, maestra cooperatrice 2015