Ratti spinge l’automazione «Applichiamo all’architettura la Formula 1»
TRENTO Carlo Ratti, architetto e ingegnere, ha fondato lo studio Cra (Torino e New York) e dirige il Senseable City Lab al Mit di Boston. Classe 1971, è stato inserito da Wired nella lista delle «50 persone che cambieranno il mondo», Fast Company lo ha nominato tra i «50 designer più influenti in America». Ratti è uno dei relatori del convegno che oggi celebra i 60 anni di A22 (ore 9, PalaRotari). Con lui si confronteranno l’ex direttore del Corsera Paolo Mieli e il docente di Pianificazione dei sistemi di trasporto dell’Università Federico II di Napoli e del Mit di Cambridge (Usa), Ennio Cascetta.
Nel 2011 in un Tedx ha definito la sua idea «un’architettura che percepisce e risponde». I suoi sono modelli di progettazione dotati di intelligenza artificiale?
« Non parlerei di intelligenza artificiale, quanto di un’architettura “aumentata” grazie a migliaia e migliaia di sensori. Per intenderci, ciò che oggi sta accadendo su scala urbana è molto simile a quanto successo un paio di decenni fa nel mondo della Formula 1. Fino a quel momento le possibilità di vittoria erano legate essenzialmente alla meccanica delle auto e all’abilità dei piloti. Poi è arrivata la telemetria e le auto si sono trasformate in “computer su ruote”, monitorate da migliaia di sensori e capaci di rispondere in tempo reale alle condizioni di gara. In modo analogo, da allora le tecnologie digitali hanno iniziato a penetrare anche nello spazio delle nostre città».
Lei contrappone la «senseable city» che descrive una città non solo sensibile, ma anche capace di sentire, alla «smart city» che mette al centro lo sviluppo tecnologico. In Italia stiamo ancora cercando di declinare la tecnologia per la smart city.
«La situazione italiana è a macchia di leopardo, ma con esempi incoraggianti, per esempio quello del Comune di Torino, che si è candidato a essere il primo in Italia a lanciare sperimentazioni sui veicoli a guida autonoma e connessa».
Il suo concept promuove più reti di informazioni e più tecnologia per avere più individualità e personalizzazione. In genere la tecnologia si associa alla spersonalizzazione e alla standardizzazione…
«Questa associazione è probabilmente un retaggio del primo Novecento — l’immagine di Charlie Chaplin divorato dagli ingranaggi di una grande macchina industriale, o le parole di Henry Ford che garantiva che ogni consumatore avrebbe potuto avere l’auto Modello T “di qualsiasi colore, purché sia nero” —. Ma la rivoluzione digitale degli ultimi due decenni va proprio nella direzione opposta: abbiamo davanti una tecnologia “leggera”, che permette grandi livelli di personalizzazione e una forte capacità di rispondere ai bisogni individuali, quella che a volte si chiama “long tail”».
Un suo progetto, sviluppato per l’agenzia autostradale italiana Anas, «Smart Road System», prevede un sistema sperimentale per il controllo delle auto a guida autonoma dotato di flying poles multisensoriali e sciami di droni. Di che si tratta?
«Smart Road è un insieme di infrastrutture tecnologiche che mirano all’innalzamento della sicurezza e della fruibilità delle strade — fornendo servizi e funzioni per dar vita ad una infrastruttura stradale che meglio risponda alle esigenze degli utenti —. Alla base di questo processo, con Carlo Ratti Associati, abbiamo pensato alla realizzazione di postazioni polifunzionali (pali) costituiti da un sistema di apparati di comunicazione e sensori: le postazioni avranno dei pannelli informativi su cui gli utenti potranno vedere dei dati monitorati dai sensori in tempo reale, quali il livello di inquinamento atmosferico, traffico».
Cosa si aspetta da un’autostrada?
«Che sia sempre più scorrevole e sicura. Possiamo ottenere questo risultato applicando i principi e le tecnologie della città intelligente anche a livello di infrastruttura stradale. Nel nostro futuro ci sono strade sempre più connesse. Per dirla con uno slogan: da “Internet of Things” a “Internet of Roads”».
Auto, bici, mezzi pubblici. Come vede il futuro della mobilità urbana ed extraurbana?
«Direi che possiamo provare a inquadrare il futuro della mobilità con due parole: “condivisione” e “autonomia”. Già in molte città italiane ed europee abbiamo visto, negli ultimi anni, il successo di servizi di car sharing o bike sharing. La mobilità autonoma, molto spesso elettrica, probabilmente andrà ad accelerare questa tendenza. Immaginiamo un’auto che al mattino ci porti al lavoro e subito dopo, invece che restare parcheggiata, dia un passaggio a scuola a nostro figlio, o alla figlia del vicino o a chiunque faccia parte della nostra rete sociale. In altri termini, si verrà configurando un sistema a cavallo tra trasporto pubblico e privato. Con un sistema di questo genere basterebbero il 30% dei veicoli oggi in circolazione per coprire le esigenze di mobilità dei cittadini di una grande città».
Tav e tunnel del Brennero: cosa non va e cosa va in queste due grandi opere al centro di discussione?
L’architetto Il tunnel del Brennero? La prospettiva deve essere quella di una maggiore integrazione e facilità di collegamento
«Credo ogni opera faccia caso a sé, e non voglio certo entrare nel calderone delle polemiche politiche. Mi limito ad osservare che molto spesso il sistema delle infrastrutture in Italia non è più al passo con quello degli altri paesi europei. Credo quindi che la prospettiva deve essere quella di una maggiore integrazione e facilità di collegamento, scavalcando i vecchi confini nazionali. Ciò è importante per un territorio a vocazione internazionale e portato all’innovazione come il Trentino».