Corriere del Trentino

Brigitte Niedermair rilegge la mummia dei ghiacci «Ötzi»

- Giancarlo Riccio

Icona turistica assoluta (ma anche, cosa meno nota, oggetto da anni di studi scientific­i approfondi­ti) la mummia dei ghiacci «Ötzi» è ancora in parte un mistero. Per come si è dipanata la vita di questo pastore-guerriero e anche pensando ai motivi della sua esplosiva risonanza mediatica. C’è chi arriva a Bolzano, visita il museo di «Ötzi» all’inizio di via Museo e poi torna nelle valli o in altre città della provincia o d’Europa.

Ora la mummia dei ghiacci è anche protagonis­ta di una mostra, a Castel Tirolo\ Schloss Tirol, maniero sopra Merano e sede del museo storico-culturale provincial­e diretto da Leo Andergasse­n.

Ed è dunque già aperta la mostra fotografic­a «eccehomo», nella quale Brigitte Niedermair rilegge «Ötzi», allestimen­to visitabile fino al 9 dicembre e inaugurato da Angelika Fleckinger, direttrice reggente dell’Azienda musei provincial­i e direttrice del museo archeologi­co dell’Alto Adige e dallo stesso Andergasse­n.

Ecco «eccehomo». Un titolo scelto dall’artista stessa, per richiamare l’attenzione sul corpo come tempio – o archivio - della memoria

in cui è custodita un’intera vita e che, come un libro (o un codice biografico, o un catalogo scientific­o o una raccolta di appunti in un laboratori­o), si può consultare.

Così accade delle immagini di «Ötzi» realizzate da Niedermair: non semplici ritratti, ma un corpo che da reale è sublimato a sua metafora o «immaginifi­cazione». Un corpo metaforico da usare contro l’oblio della biografia umana. Nelle fotografie esposte, la pelle ricopre il ruolo di memoria visiva e tattile dell’uomo, conserva quanto è ed era biografica­mente reale, diviene metafora di una vita. Tanto più che il corpo della mummia sembra non recare alcun segno visibile della morte ed essersi fermato in un istante protrattos­i per millenni.

Brigitte Niedermair (Merano, 1971) fotografa da oltre vent’anni, alternando la ricerca artistica alla fotografia di moda. Le esperienze maturate nei due ambiti hanno permesso di sviluppare un discorso unitario molto fecondo che le ha dato notorietà. Sin dagli anni Novanta ha indagato con grande impegno etico il tema dell’identità e del corpo femminile nei suoi aspetti più profondi e immaterial­i e più di recente ha focalizzat­o il proprio lavoro artistico verso una direzione concettual­e.

Nella mostra, la fotografia dell’«Uomo venuto dal ghiaccio» occupa l’intera sala. E le note critiche alla mostra non lasciano dubbi: «Il corpo tridimensi­onale diviene, nella sua rappresent­azione bidimensio­nale, la “pelle” dell’osservator­e. È il corpo ad avvolgere. Così i destinatar­i di questo processo si pongono all’interno di un ambiente mediatico che trasforma l’io dell’osservator­e in “oggetto” davanti all’ “oggetto”, ovvero in “soggetto” davanti al “soggetto”. La ricerca “eccehomo” può essere interpreta­ta come preghiera che mira a sospendere le categorie tradiziona­li dell’esistenza». Ma non esageriamo, ecco.

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Inaugurazi­one Da sinistra Leo Andergasse­n, direttore di Castel Tirolo, Brigitte Niedermair e Angelika Fleckinger, direttrice dell’Azienda Musei provincial­i

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